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martedì 1 luglio 2014

Le questioni connesse alla nascita del califfato in Iraq e Siria

I due principali problemi connessi alla formazione del califfato estremista, che vuole riunire i territori orientali della Siria e quelli dell’Iraq, riguardano la sicurezza occidentale e la crescita di potenza, di prestigio e quindi di pericolosità che l’ISIS si sta guadagnando, in forza militare e politica, divenuta ormai tale da superare Al Qaeda. In effetti la principale organizzazione terroristica islamica pare essere stata superata dal progetto portato avanti da Abu Bakr Al Baghdadi, che comprende una visione più ambiziosa, con la costruzione di uno stato islamico a tutti gli effetti. Al Qaeda, pur auspicando una tale meta, non è mai andata oltre l’organizzazione di atti per lo più destabilizzanti di stati già esistenti, senza assumerne mai l’effettivo controllo, se non di aree parziali e per tempi limitati. Certo nella galassia del terrorismo islamico Al Qaeda conserva una sua area di influenza, ma materialmente è stata sorpassata dallo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, che ha saputo cogliere le opportunità della guerra siriana e dei contrasti interni al paese irakeno, con una progettualità messa in pratica in maniera vincente. L’entità islamica che si sta formando, anche se sarà sconfitta, rappresenta una sfida di tale livello ed impatto mediatico capace di catalizzare l’intero movimento integralista islamico di matrice sunnita, aggregando una massa critica potenzialmente incontrollabile, con effetti pericolosi per la stabilità occidentale. L’altro aspetto pericoloso per gli equilibri mondiali e profondamente connesso con lo sviluppo dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante è l’ampia partecipazione di combattenti stranieri, spesso europei con regolari passaporti e cittadinanza di paesi dell’occidente. Si tratta di combattenti temprati in battaglie durissime e con una preparazione militare, che va oltre il semplice seguace fanatico; inoltre sono caratterizzati da una forte motivazione per l’ideale estremista. Come si può facilmente comprendere il pericolo di azioni isolate portate avanti da queste persone all’interno di paesi occidentali è fortemente concreto ed è facilitato con l’arretratezza dei sistemi di sicurezza che sarebbero provvisti di elenchi parziali. Il problema non riguarda soltanto l’occidente, ma anche la Russia, dove i separatisti delle regioni caucasiche hanno fornito un grande apporto di combattenti alla formazione sunnita e possono applicare l’esperienza accumulata contro Mosca. Meno in pericolo è certamente l’Iran protetta dalla propria religione scita, che ne fa un avversario diretto dei sunniti. Anche i paesi arabi, che hanno finanziato le formazioni sunnite potrebbero essere riguardate da questo fenomeno emergente, anche se il controllo fortemente illiberale della frontiera interna, rende più problematica ogni eventuale azione contro il potere costituito. In ogni caso la priorità in questo momento è impedire che il califfato si formi, anche se questa eventualità sarà senz’altro usata come motivo di ulteriore pubblicità contro l’invasione occidentale. Il primo punto deve essere ristabilire l’ordine e la sovranità in Iraq coinvolgendo i sunniti moderati al potere per riconquistare la sovranità delle istituzioni sul terreno perduto; ma questa potrebbe essere una soluzione di emergenza qualora si accertasse l’incompatibilità tra le tre componenti che compongono il paese: sunniti, sciti e curdi. In questo caso meglio studiare una divisione del paese in tre regioni o, anche, in tre stati autonomi, m sempre sotto il controllo di una forza internazionale che impedisca la ripresa del potere da parte degli estremisti. Questo discorso implica favorire una classe dirigente, o tre classi dirigenti, di natura moderata, propense ad una collaborazione necessaria per fare decollare l’entità statale capace di superare l’attuale assetto irakeno, che sappia garantirsi una propria stabilità ed insieme garantisca l’occidente da derive integraliste. Era il programma che doveva essere sviluppato dagli americani nel loro maldestro tentativo di esportare la democrazia.

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