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Politica Internazionale
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martedì 14 ottobre 2014
Due colpi alla credibilità internazionale di Israele
Due duri colpi all’immagine di Israele sono arrivati da due parti politiche molto importanti della scena internazionale. Da una parte il grave richiamo del Segretario dell’ONU, Ban Ki-moon, che ha condannato in maniera esemplare l’intenzione del governo di Tel Aviv di costruire 2.600 nuovi alloggi nella zona di competenza dei palestinesi, dall’altra la richiesta del parlamento inglese al governo britannico, di riconoscere la Palestina come stato autonomo. L’accusa del Segretario generale delle Nazioni Unite rappresenta un grosso danno di immagine allo stato di Israele,perché proviene dalla più alta carica della più importante istituzione sovranazionale e rende l’idea di come il clima tra la maggioranza dei suoi membri sia ormai orientata. Non appare, infatti probabile, che questa dichiarazione non sia stata ponderata ad un livello superiore della sola carica monocratica; anche l’intenzione di visitare Gaza, dopo la sanguinosa guerra che ha provocato diverse migliaia di morti tra i civili, rappresenta implicitamente una condanna all’operato di Israele; peraltro la visita nella Striscia segue la partecipazione alla conferenza dei donatori, svoltasi in Egitto, dove sono stati raccolti più di 4.000 milioni di euro per la ricostruzione. Una ulteriore critica è stata rivolta da Ban Ki-moon alle provocazioni tenute dalla destra religiosa israeliana nei luoghi santi per l’islam presenti a Gerusalemme. La risposta di Netanyahu, dopo avere accusato l’ONU di traffico di armi a favore di Hamas, ha ricalcato il solito schema, come un disco rotto, che prevede di identificare ogni critica ad Israele come un ostacolo al processo di pace. Il Segretario dell’ONU non si è limitato alle critiche, ma ha chiesto, ad entrambe le parti di ripristinare la fiducia per riprendere le trattative di pace. Tuttavia avere interpretato come l’invio di segnali sbagliati le intenzioni di costruire nuovi insediamenti, prefigura una chiara responsabilità, che la massima autorità delle Nazioni Unite, pare imputare allo stato israeliano nei confronti del blocco del processo di pace. Altrettanto eloquente, sembra essere l’approvazione della risoluzione, seppure non vincolante nei confronti del governo, che ha approvato il parlamento britannico, dove si richiede all’esecutivo di Londra, il riconoscimento della Palestina, come entità statale sovrana. La posizione ufficiale di David Cameron, che è quella di sostenere il negoziato per la formazione dei due stati, esce così rafforzata ed il peso specifico del Regno Unito all’interno della scena diplomatica, obbligherà il governo di Tel Aviv ad opportune riflessioni. Anche perché la decisione della Svezia, primo membro europeo a riconoscere la Palestina, ora avrà più probabilità di avere un seguito; a questo proposito è opportuno ricordare che Polonia, Slovacchia ed Ungheria avevano già riconosciuto tale status già prima di diventare membri della UE. Per Israele questo processo di riconoscimento rischia di aumentare all’interno dell’Unione Europea, condannando Tel Aviv ad un isolamento sempre maggiore, oltre che imputare allo stato israeliano le maggiori responsabilità per il mancato avanzamento dei negoziati. Per Israele si tratterebbe di fare fronte ad una opinione pubblica internazionale sempre più schierata per una risoluzione equa delle trattative sulla soluzione dei due stati, che obbligherebbe il governo di Tel Aviv a bloccare i suoi piani espansionistici su quello, che secondo il trattato del 1967, è territorio palestinese.
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