Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

venerdì 17 ottobre 2014

La Turchia sempre più isolata sulla scena internazionale

Dopo il rifiuto alla Turchia ad entrare nell’Unione Europea, Ankara ha scelto di intraprendere una strada che l’ha allontanata ancora di più dall’Europa. Anziché insistere verso quelli che erano i parametri richiesti da Bruxelles, per convincere i contrari, il paese turco, allora protagonista di un boom economico, si è voltato verso l’oriente con l’intenzione di ricalcare la propria influenza sul territorio del vecchio impero ottomano. Eppure le premesse erano più che favorevoli, gran parte del tessuto sociale del paese si era ormai aperto ad una modernizzazione, grazie ad una visione sempre più laica e la stessa appartenenza, come unico stato musulmano, all’Alleanza Atlantica indicava l’affidabilità della Turchia. A parte le contrarietà dei movimenti di destra, vi erano da smussare particolari, certo non irrilevanti, ma che sembravano di facile attuazione, nel quadro generale del paese, come una maggiore tutela dei diritti civili; non si trattava di aspetti secondari per gli standard europei, ma se la volontà della Turchia era in quella direzione avrebbe potuto agevolmente fare le riforme necessarie. Se la UE ha mantenuto un atteggiamento rigido di fronte a queste mancate riforme, la Turchia ha cambiato il suo approccio alla propria vita politica interna passando da un islamismo moderato ad una commistione sempre più pesante tra vita politica e sociale con gli aspetti religiosi, suscitando anche grandi  proteste interne. Ora è da chiedersi se con un ingresso in Europa, queste tendenze si sarebbero esaurite, ed allora l’errore della UE sarebbe rilevante, o, viceversa, se si sarebbero presentate in maniera analoga anche dentro l’Unione Europea, andando a costituire un problema di difficile gestione per Bruxelles, ed in questo caso la decisione di mantenere Ankara al di fuori dell’istituzione europea sarebbe stata corretta ed avrebbe prevenuto ulteriori motivi di possibile dissoluzione oltre a quelli già presenti. Alla luce degli sviluppi politici turchi questa seconda valutazione appare la più corretta: Ankara è diventata sempre meno laica ed ha cercato di imporsi come riferimento su di un’area, quella araba, basandosi proprio sulle sue nuove peculiarità di stato musulmano; non sappiamo se questo è avvenuto come reazione al rifiuto europeo, ma è un fatto, ad esempio che la Turchia è uno dei maggiori alleati dei Fratelli musulmani, organizzazione che sfiora l’estremismo e che, quando ha avuto l’occasione di andare al potere in Egitto, si è contraddistinta per una avversione profonda al metodo democratico. Anche sulla questione curda, risulta difficile credere che la Turchia non avrebbe mantenuto la linea attuale. Da questo argomento si arriva dritto al problema contingente del momento, che è costituito dall’affidabilità del paese nella guerra contro il califfato, una problema al quale le democrazie occidentali sono molto sensibili sui principi, ma, pare, meno in pratica. Il problema si pone soprattutto nell’ambito dell’Alleanza Atlantica, dove la condotta di Ankara è in palese contrasto con gli USA ed anche gli altri membri della coalizione. Questo fatto ha determinato una ulteriore sconfitta diplomatica, quasi al pari di quella dell’esclusione dalla UE, consistente nel mancato raggiungimento della conquista di un seggio come membro non permanente nella sede del Consiglio di sicurezza dell’ONU. La legittima ambizione turca mirava a rompere quel circolo, non certo virtuoso, che ha parzialmente isolato la Turchia dalla scena internazionale, frustrando le proprie ambizioni di ricreare, seppure in modi e maniera differenti, una replica dell’impero ottomano in una versione del secolo attuale. Quello che sembra non essere compreso dal governo di Ankara è che le mutate condizioni della regione, soprattutto dovute all’insorgenza di guerre, non presentano più le condizioni di qualche anno addietro. La crescente importanza di un fenomeno come lo stato islamico, percepito dalla maggioranza dei paesi, come fattore di profonda destabilizzazione degli equilibri mondiali, non pare una preoccupazione condivisa dalla Turchia, che oltre a permettere il passaggio attraverso le proprie frontiere dei combattenti stranieri, diventando così una responsabile dell’ascesa del califfato, non mostra di condividere in maniera adeguata le preoccupazioni dei suoi stessi alleati, primo fra tutti gli Stati Uniti, con i quali il reciproco rapporto sta attraversando un periodo di crisi. Quello che appare è che il paese turco ha compiuto, agli occhi occidentali, cioè di quel mondo in cui ambiva ad entrare, una serie di valutazioni non conformi agli standard dell’occidente, ma, nel contempo, si è resa protagonista di contrasti anche con i paesi del mondo arabo, finendo in un isolamento che era l’esatto opposto del risultato che Ankara voleva ottenere. Adesso per la Turchia il rischio concreto è quello di ripiegarsi su se stessa ed i propri problemi interni ed essere tagliata fuori da decisioni importanti nelle quali potrebbe dare un grosso contributo. 

Nessun commento:

Posta un commento