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lunedì 6 ottobre 2014
Tra Cina ed Hong Kong, le differenze non sono solo politiche, ma anche culturali
Le profonde differenze che si stanno registrando ad Hong Kong, non sono solo le conseguenze del mancato esercizio dei diritti politici, che dovevano essere garantite nel quadro dell’accordo di cessione della ex colonia britannica e riassumibili nel concetto: uno stato due sistemi. Attualmente le due parti del paese condividono il sistema capitalistico, ma Hong Kong, pur godendo di una autonomia impensabile in altre parti della Repubblica Popolare, sulle questioni più importanti è già soggetto ad un controllo ferreo di Pechino. In generale, nel resto del paese, le proteste di Hong Kong sono viste in maniera negativa, anche in ragione dei privilegi che gode la ex colonia e le proteste sono vissute come un affronto alla Cina, più che una ricerca del rispetto degli accordi internazionali e del mantenimento dei diritti politici. Questa conseguenza, dovuta in gran parte alla campagna di stampa degli organi del regime e del controllo sulle possibili fonti di opposizione, non ha trovato grossi alleati sulla terraferma, come è successo all’estero. La Cina sembra avere sotto controllo la situazione interna, ma deve comunque, procedere con molta cautela per non irritare gli investitori stranieri, che, spostando i loro interessi verso luoghi ritenuti più stabili, potrebbero provocare significativi contraccolpi finanziari. Oltre che dal punto di vista politico, il dissidio sta assumendo importanza anche nel campo sociale e geografico: la maggior parte degli abitanti di Hong Kong parla il cantonese, al contrario del mandarino parlato in Cina e si considera non tanto cinese ma di Hong Kong ben il 40% degli abitanti. Si capisce ,allora, come alla base della diatriba non vi siano soltanto elementi politici, ma anche culturali, a causa di una mancata integrazione della ex colonia britannica nel tessuto sociale cinese. Deve essere anche detto che Pechino ha cercato di normalizzare queste differenze puntando sul sistema scolastico e dell’istruzione improntata ad una esaltazione del modello cinese, attraverso l’esaltazione del nazionalismo, applicata anche al mondo dell’informazione, che è stata percepita quasi come un tentativo di annullare le peculiarità proprie di Hong Kong a favore del modello culturale e di vita cinese. Si tratta, del resto, di una modalità più volte applicata, anche se qui in maniera più leggera, dal governo centrale per eliminare le differenze culturali che le singole zone del paese possono avere con Pechino e costituire un intralcio al pensiero unico della dirigenza politica. In ogni caso la stessa Pechino ha sempre cercato di tenere più separata possibile Hong Kong dal resto della nazione, con misure pratiche come limitando gli ingressi dei cittadini cinesi, sia per non consentire la contaminazione delle idee, sia per sovra affollare troppo l’ex colonia. Le recenti manifestazioni, hanno messo anche in evidenza, la presenza di picchiatori contro i dimostranti, spesso identificati come appartenenti alla mafia cinese, che non hanno subito, se non in modo tardivo, la dissuasione delle forze di polizia. Secondo alcuni analisti il governo cinese userebbe i componenti delle triadi per scoraggiare la protesta, sfruttando il fatto che la mafia cinese ha tutta la convenienza che gli affari di Hong Kong non vengano disturbati da manifestazioni potenzialmente nocive ai profitti finanziari. Questo aspetto non è ancora stato del tutto messo in risalto nella dovuta luce dai mezzi di informazione, ma potrebbe costituire un fattore non troppo favorevole alle autorità di Pechino, in un contesto dove l’instabilità è ritenuta un fattore che può provocare dei dissesti in una piazza finanziaria di così ampia importanza.
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