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giovedì 13 novembre 2014

La Cina sempre più calata nel ruolo di superpotenza mondiale

Il vertice, che si è appena concluso a Pechino, dell’Associazione per la Cooperazione economica tra  Asia e Pacifico, si è rivelato un successo per il paese organizzatore, la Cina, che si è così assicurata un ruolo importante in politica estera. Il paese cinese, ormai seconda super potenza economica mondiale, può iniziare a contendere la scena agli Stati Uniti. Molta parte del merito deve essere riconosciuta al presidente Xi Jinping, che ha saputo dimostrare una leadership incontrastata, sia sul fronte interno, grazie ad una campagna anti corruzione, sia su quello esterno, con il rilancio del ruolo cinese sulla scena internazionale. La Cina sta portando avanti con successo il suo obiettivo di raggiungere il libero scambio nella regione ed ha ottenuto la firma di un accordo con la Corea del Sud, uno dei  principali alleati statunitensi nell’area del sud est asiatico, che elimina le tariffe doganali sui prodotti tecnologici ed ha reso più facile ottenere i permessi  tra i due paesi, allungandone anche la validità. La strategia cinese continua a basarsi su un approccio che sappia favorire gli aspetti commerciali, si tratta di una azione pacifica ma avvolgente, che cerca di colpire Washington proprio all’interno della sua area di influenza, D’altronde Pechino non ha mai nascosto di ritenere l’area del sud est asiatico una propria zona di influenza ed ha sempre sopportato male, quella che ritiene una ingerenza americana. Per la politica estera di Obama la regione è diventata centrale, per le enormi potenzialità economiche e per la valenza strategica, ma le situazioni mondiali contingenti, medio oriente ed Ucraina, non hanno permesso alla Casa Bianca di dedicare le risorse previste per lo sviluppo dell’influenza americana. La Cina è consapevole di queste difficoltà degli USA, che, per la verità, appaiono piuttosto evidenti, e sta cercando in tutti i modi di guadagnare terreno. In questa ottica va inquadrata anche la sempre più stretta collaborazione tra Pechino e Mosca; secondo alcuni analisti questo legame avrebbe come scopo di condividere la leadership come una unica forza alternativa agli Stati Uniti, in realtà non sembra probabile che la Cina sacrifichi le sue maggiori potenzialità che detiene, per dare alla Russia la possibilità di emergere come super potenza. Per Pechino, Mosca resta una grande potenza regionale, che non deve però superare i propri confini di competenza, deve essere, cioè, subalterna sul piano globale. La Cina sta usando la Russia in funzione anti statunitense, certamente i due paesi sono in accordo su molte questioni di ordine internazionale, ma  non possono essere sullo stesso piano, per evidenti differenze di caratura. Non è chiaro se Putin sia conscio di prestarsi agli scopi cinesi, o se ritenga di riuscire poi a sfilarsi e perseguire un disegno autonomo che scavalchi i propri confini naturali; oltre alla storica avversione al nemico già ai tempi dell’URSS, Putin deve combattere una situazione contingente non facile dovuta alle sanzioni, che lo hanno messo in difficoltà sia all’interno del paese, che come figura internazionale. Appoggiarsi alla Cina è diventato, così, quasi una necessità, uno strumento di breve periodo, che, su distanze più lunghe, non si capisce quali effetti potrebbe avere. Al momento sia Mosca, che Pechino, hanno l’interesse comune di insidiare Washington nella sua politica di prima potenza mondiale, ma, mentre la Cina detiene delle velleità di insidiare nel futuro agli USA la leadership mondiale, Mosca ha l’obiettivo più contenuto di ristabilire la zona di influenza di pertinenza dell’Unione delle repubbliche Socialiste Sovietiche. In ogni caso la Cina rappresenta per la Russia un mercato alternativo di primaria importanza per le sue materie prime, che può sopperire ai mancati introiti causati dalle sanzioni. Una ulteriore dimostrazione della potenza cinese è stata la creazione dell’istituto finanziario, che dovrà essere alternativo al Fondo Monetario Internazionale, troppo condizionato dalla politica occidentale, al quale hanno aderito Brasile, Russia, India, Sud Africa e, naturalmente, la Cina. Questo strumento andrà a togliere agli USA l’egemonia sulla finanza mondiale creando una alternativa che potrebbe accettare adesioni di altri paesi, scatenando una concorrenza sulla questione della regolazione della leva monetaria e finanziaria in grado di sovvertire l’ordine fin qui esistito: un chiaro segnale da parte di Pechino. 

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