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mercoledì 19 novembre 2014

L'Unione Europea per la soluzione dei due stati: Israele e Palestina

L’Unione Europea è decisa ad accelerare il processo della creazione dello stato palestinese, fattore ritenuto fondamentale per risolvere la crisi tra Israele e Palestina. La UE si candida a svolgere un ruolo di mediazione tra le due parti, ma il giudizio di Tel Aviv potrebbe essere la mancanza di imparzialità sempre imputata a chi ritiene illegali gli insediamenti in Cisgiordania. Questo fatto non può essere trascurato con la tendenza che sta maturando in Europa, dove la Svezia ha già riconosciuto la Palestina come nazione, così come la Gran Bretagna e l’Irlanda hanno già fatto dei pronunciamenti in tal senso nei loro organi legislativi, mentre la Spagna ha manifestato pubblicamente l’intenzione di seguire il paese svedese. La stessa rappresentante per la politica estera della UE, ha chiaramente espresso che la nascita della Palestina come stato sovrano è una necessità per la scena internazionale, inquadrata nella politica dei due stati, nell’ottica degli equilibri che vanno oltre la regione mediorientale. Pur riconoscendo che il riconoscimento formale di uno stato, spetta non all’organismo sovranazionale, ma alla singola nazione, la UE individua nella crescente volontà dei paesi europei di optare per il riconoscimento della Palestina, una linea da seguire attraverso i suoi organismi preposti alla politica estera per ricercare una soluzione in questo senso. La volontà chiara sembra essere quella di dotare di una politica estera sempre più uniforme, almeno nelle grandi questioni che riscuotono una medesima linea di condotta, l’Unione Europea, con lo scopo, tra gli altri, di avere un sempre maggiore peso internazionale, fattore che non è stato abbastanza sviluppato dalla precedente gestione. Ma il riconoscimento implica considerare illegali le colonie impiantate in Cisgiordania dallo stato israeliano, sui territori che dovevano essere spettanti proprio alla Palestina. Intorno a questa questione verte tutto il processo che si basa sul teorema dei due stati su di un territorio. Israele ha intralciato questa soluzione con un comportamento che puntava a dilazionare la chiusura del negoziato, per costruire più agglomerati possibili e così sottrarre più territorio possibile ai palestinesi. Neppure gli americani hanno fermato il governo di Tel Aviv da questa condotta e l’isolamento internazionale a cui Israele si è condannato da solo, non è stato sufficiente per risolvere la questione. Per l’amministrazione Obama la risoluzione del problema tra israeliani e palestinesi era un obiettivo centrale del programma di politica estera, che doveva permettere di diminuire la concentrazione USA su questo problema. Così non è stato. Gli USA non sono stati abbastanza determinati ad imporre la propria influenza su Israele, che ha continuato imperterrito a violare la legalità internazionale. L’entrata sulla scena di un soggetto, che sembra più determinato rispetto al passato, la UE, potrebbe però provocare un nuovo slancio anche agli Stati Uniti. L’Unione Europea è il primo partner commerciale di Israele, ma anche il primo donatore della Palestina; si trova quindi in un duplice ruolo che potrebbe favorirla nel caso di negoziati, inoltre il fatto che si muova l’Europa, continente a cui Israele è culturalmente più legato, potrebbe favorire il processo di pace. Tuttavia l’entrata in scena da parte della UE, con queste condizioni, costituisce, nel contempo, un elemento di forte pressione per Israele. Un esempio può essere costituito dal comportamento europeo di boicottare le merci provenienti dagli insediamenti illegali, non applicando i benefici che rientrano negli accordi commerciali tra Israele ed Unione Europea. Questo segnale chiarisce meglio di qualsiasi altro come la UE consideri al di fuori del diritto internazionale le colonie. Occorrerà vedere se da queste basi di partenza Israele accetterà quindi la mediazione, ma sembra chiaro fin d’ora che questa volta la UE ha deciso di giocare un ruolo più incisivo rispetto al passato ed agli stessi Stati Uniti, che, occorre ricordarlo, vedono arrivare un aiuto insperato sul fronte della trattativa.  

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