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giovedì 11 dicembre 2014
Israele: il partito laburista e la formazione della Livni, si alleano contro Netanyahu
La decisione di Netanyahu di intraprendere una connotazione confessionale per lo stato, in modo da privilegiare i rapporti con la destra nazionalista a discapito di quelli con il centro, ha prodotto un terremoto politico nel paese, che è sfociato nella caduta del governo e nelle elezioni, previste per il 17 marzo. Il premier israeliano ha giocato d’azzardo per sancire la vittoria di una parte politica intransigente, che si basa sulla espansione delle colonie e con la quale la soluzione dei due stati apparirebbe definitivamente impossibile da realizzare, rilanciando la questione tra Israele e Palestina al centro della scena internazionale ma come fattore di profonda instabilità regionale. In realtà la scelta di Netanyahu appare non priva di rischi per un eventuale successo finale: il paese, infatti, appare spaccato a metà ed al momento la situazione appare molto incerta circa il possibile vincitore delle elezioni. Il blocco di centro destra è sicuramente forte e può contare sull’appoggio dei coloni e di quanti, oltre naturalmente agli ultranazionalisti, propendono per l’unità del territorio israeliano secondo la tradizione biblica e vedono, quindi, con favore l’indirizzo intrapreso dall’ormai ex premier. Per questa parte la soluzione di compromesso con i palestinesi non è prevista e la forza dimostrata a Gaza li fa propendere, in definitiva, per una espulsione da quello che considerano territorio israeliano a tutti gli effetti, non si sa in che modi ed in che tempi, o, come soluzione estrema li immagina confinati in porzioni più piccole di territorio, proprio come a Gaza, a vivere in condizioni inumane. Risulta chiaro che una soluzione del genere otterrebbe solo di esasperare ulteriormente gli animi e potrebbe riportare Israele ad uno stato di perenne tensione per il timore di attentati continui. Anche sulla paura di questo scenario si basa l’alleanza che potrebbe mettere in grossa difficoltà il progetto di Netanyahu: quella tra il movimento di Tzipi Livni ed il partito Laburista, guidato da Isaac Herzog. Si tratta di una alleanza di centro sinistra, che potrà avere delle divergenze sulla politica interna, specie quella economica, ma che assume una posizione di responsabilità per arginare la tendenza confessionale abbracciata dal centro destra. Occorre ricordare che Tzipi Livni si è sempre detta favorevole alla soluzione dei due stati su di un territorio, soluzione appoggiata pubblicamente dagli USA, quindi in caso di vittoria elettorale le trattative con i palestinesi potrebbero riprendere su ben altri piani. L’accordo tra le due formazioni prevede, in caso di vittoria, una rotazione nella carica a primo ministro, che verrà ricoperta per due anni da Herzog e per i successivi due dalla Livni. L’obiettivo è quello di raggiungere almeno la conquista di 61 seggi sul totale dei 120 che compongono il parlamento israeliano. Questa meta appare al momento difficile da raggiungere senza altri alleati, data la grande frammentazione politica del paese. Rilevazioni statistiche, per ora danno alla formazione laburista unita con quella della Livni, dai 20 ai 24 seggi, mentre a quella di Netanyahu 20 o 21. In una panorama così incerto si ritiene che una formazione capace di raggiungere 20 seggi potrebbe essere in grado di formare un esecutivo di coalizione. Da ora alla data delle elezioni la nuova alleanza elettorale dovrà sapere convincere gli elettori israeliani della bontà di un progetto in cui è centrale una prospettiva di pace con i palestinesi, per uscire anche dall’isolamento internazionale in cui la politica di Netanyahu ha gettato il paese, proprio mentre tra i parlamenti degli stati europei aumentano le istanze verso i loro governi, per il riconoscimento ufficiale dello stato palestinese.
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