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mercoledì 10 dicembre 2014
Juncker sempre meno presentabile come presidente della Commissione europea
Alle critiche della Merkel, verso Italia e Francia, ma a cui si deve aggiungere come destinatario anche il Belgio, ha fatto seguito la reprimenda pubblica del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che ha minacciato sanzioni per i paesi che non fanno abbastanza per rispettare i vincoli di bilancio europei. Peccato che il cancelliere tedesco abbia scelto un messaggero molto poco autorevole per il suo richiamo di severità. Juncker, infatti, alla vigilia del giuramento per l’insediamento nella massima carica monocratica della UE è incappato in ulteriori sviluppi dello scandalo relativo alle pratiche di evasione fiscale, che diverse società multinazionali hanno perpetrato nel paese lussemburghese, quando era al governo proprio il futuro presidente della Commissione europea. Nella formula di rito del giuramento è compreso il passaggio che afferma che l’esercizio delle responsabilità, dei membri della commissione, devono essere effettuati in piena indipendenza e nell’interesse generale dell’Unione. Come si vede si tratta di una contraddizione in termini, se tale formula si applica a Juncker, che ha perso ogni affidabilità e risulta oggettivamente indebolito nel suo ruolo. Neppure la solita difesa, basata sulla mancanza di una legislazione uniforme nella materia nel territorio dell’Unione può migliorare la pessima percezione che il personaggio fa trasparire. Nel periodo in cui ha esercitato il ruolo di primo ministro del Lussemburgo, dal 2002 al 2010, sarebbero stati ben 340 gli accordi fiscali che hanno agevolato aziende multinazionali, che avrebbero privato dei giusti introiti fiscali paesi con cui il Granducato ha stretto l’alleanza all’interno dei trattati della UE. Il danno economico per i paesi che non hanno potuto esercitare la tassazione su guadagni ricavati entro i loro territori e, quindi soggetti alla loro sovranità fiscale, ammonterebbe a miliardi di euro. Queste somme potrebbero ora essere impiegate per ridurre i deficit per la presenza dei quali la Merkel invoca il rigore o essere investiti precedentemente per risollevare economie stagnanti, ma capaci con le giuste leve fiscali, di competere con la Germania e ridurne quindi i guadagni. Questo nuovo capitolo della questione europea non può che aumentare la diffidenza verso una Bruxelles in ostaggio di Berlino, su cui grava il sospetto di avere approfittato di situazioni contingenti per eliminare i propri competitori industriali presenti all’interno dell’Unione. Dalla Merkel non sono venute grandi parole di condanna verso l’operato di Juncker e la ragione non può essere soltanto l’appartenenza al medesimo gruppo politico: non si capisce, infatti, come i continui richiami alla rigidità dei conti, non siano accompagnati da reprimende altrettanto severe sulla certezza e l’universalità delle regole, fattori che sono stati del tutto assenti nell’operato di governo di Juncker. Si capisce come la nomina del lussemburghese sia insostenibile, soprattutto in prospettiva futura, se dovessero verificarsi scenari sempre problematici sul fronte economico: quale autorità potrebbe avere un tale presidente della Commissione europea; ciò darebbe l’autorizzazione a dibattiti feroci sulla legittimità di ogni suo atto, in grado di bloccare l’attività complessiva della Unione Europea. Il primo segnale concreto di ribellione verso questa situazione potrebbe venire dalle possibili elezioni greche, dove l’estrema sinistra appare in vantaggio nei sondaggi, con la prospettiva di ridiscutere tutti i parametri del rientro dal debito. Ma anche una eventuale elezione in Francia, dove potrebbe vincere un movimento di segno opposto potrebbe provocare situazioni ancora più problematiche come l’uscita dalla moneta unica. D’altra parte i segnali inequivocabili del malessere verso una istituzione che impone scelte ingiuste dall’alto sono in corso da tempo, ma soltanto i governanti ed i burocrati europei non colgono pienamente la situazione. Ai cittadini europei non vengono dati segni che manifestino la volontà di una inversione di tendenza, ne di tipo pratico, con un aumento del potere d’acquisto, ma neppure di tipo più astratto, come la presentazione di persone affidabili e stimate nei posti più importanti e rappresentativi. L’Unione Europea è ancora in tempo a revocare a Juncker il mandato di presidente della Commissione, se non lo farà potrebbe essere uno degli atti decisivi per la demolizione dell’idea di Europa unita.
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