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martedì 2 dicembre 2014

Russia e Turchia alleati obbligati

Gli assetti geopolitici in continua mutazione, obbligano alcuni attori internazionali, che si collocano anche a distanze politiche considerevoli, ad operare brusche convergenze, talvolta anche inattese. Questo è sicuramente il caso di Russia e Turchia, non proprio allineate su posizioni troppo coincidenti, ma che l’isolamento internazionale in cu sono finiti, seppure per ragioni differenti, ha obbligato ad incontrarsi per contrastare la diffidenza occidentale. L’avvicinamento tra Mosca ed Ankara appare un segnale significativo di come si presentino variabili inaspettate sullo scacchiere internazionale. I due paesi sono su fronti politici e militari opposti: la Turchia è uno dei membri più importanti di quell’Alleanza Atlantica, fiera avversaria della Russia, che si oppone alla strategia di Mosca di ripetere, almeno in parte, le gesta dell’impero sovietico. Risulta altrettanto significativa la profonda differenza circa il conflitto siriano, con la Russia sempre al fianco di Assad e la Turchia sostenitrice della necessità della fine del regime di Damasco. Tuttavia i due stati hanno delle cose in comune, che possono favorirne il progressivo avvicinamento: intanto la struttura istituzionale dei rispettivi ordinamenti statali, che configura democrazie niente affatto compiute, dove la presenza della garanzia dei diritti civili risulta precaria. Questo motivo è stato spesso motivo di contrasto con l’occidente e per la Turchia, in particolar modo, ha contribuito alle motivazioni per l’esclusione dall’Unione Europea. I due paesi stanno attraversando un periodo di parziale isolamento, dovuto, soprattutto ad una visione estremamente nazionalista che, oltre a provocare un isolamento politico, ha determinato, specialmente per la Russia, una ricaduta anche sugli indicatori economici. In questo contesto risulta comprensibile, che stati messi ai margini di quello che resta il centro economico mondiale, cerchino nuove forme di contatti e di accordi per sviluppare canali alternativi di contatto. La prima conseguenza pensata da Putin è la fine del progetto del gasdotto South Stream, che doveva escludere l’attraversamento dell’Ucraina, per rifornire l’Europa; le crescenti difficoltà diplomatiche sorte dall’atteggiamento di Mosca nella questione della Crimea prima e della parte orientale del paese ucraino dopo,  hanno determinato le sanzioni alla Russia, che ha rivisto la propria politica di esportazione delle materie prime verso il vecchio continente. In alternativa al già progettato gasdotto verso l’Europa, sarà sostituita dall’uso di una infrastruttura analoga che porterà il gas russo verso la Turchia con un quantitativo maggiore di circa 3.000 milioni di metri cubi, che godrà anche di una speciale riduzione dei prezzi nell’ordine del 6%. Sempre nel campo dell’energia, questa volta nucleare, la tecnologia russa fornirà la sua collaborazione per la costruzione di una nuova centrale nucleare nella Turchia meridionale. Ma aldilà della necessaria collaborazione economiche, che prevede anche altre forme di scambi commerciali, l’importanza di questa nuova alleanza che si sta prefigurando sulla scena internazionale è una sorta di unione tra due paesi attraversati da un profondo nazionalismo che sfocia in ambizioni geopolitiche locali, che vorrebbero ricalcare schemi sovranazionali ormai sorpassati: la necessità della Russia di ricreare un territorio su cui esercitare l’influenza di Mosca, vicino all’estensione dell’impero sovietico, risulta molto simili ai tentativi turchi di ripetere, se non con sovranità effettiva, ma con l’estensione di una influenza almeno morale, l’esperienza dell’impero ottomano. La Russia usa per questo scopo la sua capacità economica, seppure duramente provata dalle sanzioni occidentali, unita alla propria potenza  militare, mentre la Turchia preferisce usare l’elemento religioso come aggregante, prima evidenziato con valenze moderate per ingraziarsi l’occidente, poi con l’allontanamento da questo, sempre più accentuato per esercitare una attrazione su tutti quei paesi arabi attraversati dai moti contro gli autoritarismi al governo. Ma calcoli sbagliati ed errori di prospettiva hanno accomunato questi due paesi, che hanno affrontato il contesto globalizzato con un’ottica che pare superata, senza adattarsi al contesto generale, ma restando ancorati ad una situazione che pare difficilmente ripetibile. Ora la ricerca di nuove possibilità di relazioni diplomatiche più strette, ricercate anche fuori i rispettivi campi di appartenenza, rivela una novità che obbliga l’occidente ha considerare l’impatto di queste scelte ed i loro possibili sviluppi, sottolineando come l’evoluzione dei rapporti internazionali non può non registrare che la grande fluidità dei legami sovranazionali potrà diventare una costante capace di influenzare momento per momento l’equilibrio mondiale.

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