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giovedì 8 gennaio 2015
La sfida terroristica contro l'occidente
L’atto terroristico contro il giornale satirico parigino appare come la conseguenza di una sottovalutazione delle tendenze, sempre più spinte, che stanno avvenendo in alcuni ambienti islamici europei. I conflitti medio orientali hanno favorito un avvicinamento alle posizioni islamiche più estremiste da parte dei giovani arabi nati in Europa, ma non solo, che spesso, complice la crisi economica, non hanno trovato una integrazione adeguata alle società occidentali. La predicazione del clero più integralista, favorita dall’immaginario collettivo musulmano, fornito dalle gesta e dalle ragioni, per quanto discutibili, dei combattenti, prima di Al Qaeda e poi dello Stato islamico, ha costituito una fonte di forte attrazione per una leva di guerrieri da acquisire e da schierare sui campi di battaglia mediorientali, ma anche come cellule da impiegare all’interno stesso dell’occidente. Specialmente le modalità usate dal califfato per fare presa sulle giovani generazioni: abbondante uso dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, gli stessi che erano state usate nelle primavere arabe, hanno favorito un progressivo avvicinamento alle tendenze islamiche più radicali, che hanno saputo raccogliere i disagi, l’esclusione sociale e fornire un alto senso di appartenenza di ampi settori delle parti più giovani, di seconda o terza generazione, del tessuto sociale di provenienza araba. Il mancato controllo adeguato a questo reclutamento, che va avanti in forma massiccia dall’inizio della guerra siriana è dovuto ad una iniziale comprensione insufficiente del problema, che non ha permesso un coordinato adeguato tra le polizie europee, un effetto collaterale della mancata unione politica del vecchio continente. Certo questi motivi sono di ordine pratico e soltanto gli ultimi in ordine di tempo, le ragioni più profonde risalgono più indietro, con la mancanza di adeguate politiche di inclusione sociale, che hanno favorito un malessere generale, che ha favorito il terreno di coltura favorevole all’islamismo più radicale. Tuttavia la situazione appare assumere caratteristiche di urgenza, intraprendere solamente azioni di ordine sociali risulta necessario ma non sufficiente. Il rientro dalle zone di guerra di combattenti addestrati, come si sono dimostrati gli autori dell’attentato di Parigi, impone la ricerca e l’applicazione di norme di sicurezza tese a controllare e prevenire altri soggetti che potrebbero emulare atti del genere nel cuore dei paesi occidentali. Risulta necessaria una immediata condivisione dei dati relativi ai combattenti in possesso dei singoli paesi, per essere condivisi a livello comunitario, come azione propedeutica alla creazione di una forza interstatale che abbia lo scopo di prevenire atti di terrorismo islamico. Nel contempo occorre un coinvolgimento pieno e convinto delle comunità islamiche più moderate, che sembrano ancora troppo timide nel condannare atti violenza compiuti in nome della religione. Questo aspetto deve essere al centro di una azione che responsabilizzi i centri islamici, anche in ragione della prevenzione contro atti ostili, che potrebbero scaturire dalle forze che maggiormente si oppongono alla pacifica convivenza multietnica all’interno delle società occidentali. Dal punto di vista dell’analisi dell’atto terroristico in se stesso, la rivendicazione di Al Qaeda potrebbe indicare un risveglio dell’organizzazione di Bin Laden, al momento soppiantata dal califfato nella scala di gradimento degli estremisti. Al Qaeda ha subito perdite ingenti e non ha saputo esercitare una visione di ampio respiro come lo Stato islamico, che è vicina a costruire una forma statale improntata alla Jihad. Questo elemento ha rappresentato una indubbia fonte di successo, che si è tradotta in finanziamenti ed arruolamenti consistenti, che ne hanno decretato la supremazia nel mondo islamico integralista. Sebbene il califfato nasca sostanzialmente da Al Qaeda, esistono differenze tra i due movimenti, seppure non certo accentuate. Tuttavia l’intenzione di Al Qaeda è quella di riprendere la posizione di leadership all’interno della galassia fondamentalista. In questa ottica potrebbe scatenarsi una guerra a distanza basata sul clamore degli atti terroristici, una sorta di competizione basata sulla violenza e sull’importanza dell’obiettivo, dove la collocazione geografica nel mondo occidentale andrebbe a rappresentare un valore di sicuro successo. Al Qaeda attualmente, secondo gli analisti, possiede minori mezzi, ma può contare sulla vasta esperienza di gestione di piccole cellule, capaci di attivarsi in poco tempo per colpire un obiettivo simbolico, come è stata la redazione del giornale parigino, più volte accusata di vilipendio verso Allah e Maometto. Se i centri di potere statali appaiono obiettivi meno raggiungibili, colpire bersagli analoghi a quello di Parigi ed anche infrastrutture, per generare un clima di terrore nelle società occidentali appare certamente meno complicato e più funzionale alle attuali capacità di Al Qaeda; la difficoltà da ora in avanti sarà fermare i possibili protagonisti di questa strategia imprevedibile, organizzando, sfida nella sfida, quasi da zero e con urgenza organismi interstatali e sovrastatali tali da superare le diffidenze reciproche.
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