Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

mercoledì 28 gennaio 2015

La visita di Obama in Arabia Saudita

Nell’economia delle relazioni internazionale statunitensi, la visita del Presidente Obama a Riyadh, riveste una particolare importanza, soprattutto in occasione del cambio al vertice del paese saudita a causa della morte del monarca in carica. Il complicato processo di successione previsto dalle regole dell’Arabia Saudita, che si rifanno alle tradizioni beduine, funzione non in linea verticale ma orizzontale, per cui il nuovo occupante del trono arabo è un fratello, anziché un figlio del regnante precedente. Con il nuovo Re, Salman, Obama ha ribadito l’assoluta importanza del legame tra i due paesi, augurandosi una continuità dei rapporti sulla linea esistente. L’alleanza tra Arabia Saudita e Stati Uniti è ritenuta fondamentale da Washington sia sotto l’aspetto militare, che economico, tuttavia alcuni elementi di turbativa hanno sensibilmente peggiorato le relazioni tra i due paesi, soprattutto nel secondo mandato di Obama. Riyadh non ha infatti gradito la posizione, ritenuta troppo conciliante, sulle trattative per il nucleare iraniano, giudicando Washington troppo morbida con i tradizionali avversari di Teheran; inoltre i tentennamenti della Casa Bianca contro il regime di Assad, sono stati interpretati come un segnale di debolezza e di scarsa attenzione, proprio verso le ragioni dell’Arabia Saudita. La monarchia del Golfo ha così intrapreso una politica ambigua, di appoggio alle forze radicali islamiche, che avrebbero poi fondato lo Stato islamico, recentemente sconfessata per timore di diventare a propria volta vittima delle mire del califfato. Obama si augura che il nuovo regnante, pur mantenendo salda l’alleanza con gli USA, cambi un poco l’atteggiamento saudita, recependo le necessità di sicurezza globale, anche a discapito degli interessi particolari del proprio paese. Su questo piano vi è già una profonda intesa circa l’utilizzo del prezzo del petrolio per contrastare l’attività russa e danneggiare l’economia iraniana, tuttavia le intenzioni americane sono quelle di coinvolgere maggiormente l’Arabia Saudita, sia sul piano diplomatico, che su quello militare. sull’emergenza dello Stato islamico. Per fare ciò Obama dovrà conciliare le esigenze americane sulla conclusione del trattato sul nucleare iraniano e trovare una soluzione militare che porti alla sconfitta di Assad. I tempi per questa seconda esigenza, appaiono però non certo brevi: l’insicurezza della lotta allo Stato islamico, vede il dittatore di Damasco ricoprire ancora un ruolo essenziale all’interno del quadro della questione, grazie all’alternanza di una condotta abile, che ha favorito indirettamente ora l’opposizione democratica a discapito delle forze islamiche seguita dal contrario. Secondo gli analisti i rapporti migliori tra i due stati si sono registrati in corrispondenza di figure presidenziali espresse dai repubblicani, più conservatori ed orientati ad una politica più spregiudicata e meno attenta a temi, come i diritti umani, sui quali l’amministrazione Obama ha mostrato maggiore attenzione. Queste ragioni spiegano il perché di una nutrita presenza di esponenti conservatori nella delegazione in visita nella capitale saudita. Particolare importanza occupa anche la questione dello Yemen, che al momento è senza governo, che divide con l’Arabia Saudita ben 1.800 chilometri di frontiera e che preoccupa gli Stati Uniti per il risveglio di Al Qaeda; ma sui metodi per ridare stabilità allo stato yemenita i due governi non sono in accordo, in quanto la Casa Bianca, preferirebbe fornire aiuto ai ribelli vicino all’Iran, invisi, proprio per questo motivo, ai sauditi. L’impressione sulle ragioni della visita di Obama, che per compierla ha ridotto quella in India, è che gli Stati Uniti tentino un approccio con l’Arabia Saudita, che possa appianare le divergenze che si sono create negli ultimi tempi, cogliendo l’opportunità del cambio al vertice, tuttavia la continuità del regime saudita non sembrerebbe fornire buone speranze in tal senso se non fosse presente la variabile del califfato, che entrambi i paesi vogliono sconfiggere al più presto. Se questa meta sarà raggiunta è probabile che le differenze di vedute potranno ritornare ad acuirsi.

Nessun commento:

Posta un commento