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giovedì 22 gennaio 2015
L'Iran potrebbe fornire armi ai palestinesi per ritorsione ad Israele
Una azione avventata di Israele potrebbe avere ripercussioni molto pesanti sulla stabilità della regione mediorientale e nei difficili equilibri interstatali delle potenze implicate nelle relazioni regionali. L’antefatto riguarda l’abbattimento avvenuto in Iran di un drone israeliano, fatto non commentato da Tel Aviv, da parte della contraerea dei Guardiani della rivoluzione. Il mezzo aereo dotato di due telecamere ad lata risoluzione aveva ali lunghe cinque metri e mezzo ed era dotato di una autonomia di volo di circa 800 chilometri. Il drone sarebbe stato sorpreso nello spazio aereo del sito per l’arricchimento di uranio di Natanz, nel centro dell’Iran e sarebbe stato abbattuto con un missile mentre si trovava in avvicinamento a quello che è ritenuto il principale sito iraniano per l’arricchimento dell’uranio, dotato di 16.000 centrifughe. Il drone, sebbene sia ritenuto proveniente da Israele non ha alcun segno di riconoscimento, tuttavia le autorità di Teheran sono praticamente certe della sua provenienza. Ciò ha indotto gli iraniani a minacciare di mettere in atto risposte fortemente concrete se tali azioni verranno ripetute. D’altra parte il sospetto di Teheran appare giustificato dalla posizione del governo di Tel Aviv, che non è mai mutata, di forte contrasto allo sviluppo della tecnologia nucleare iraniana, sia con minacce di azioni militari, che di condanna al negoziato, che dovrebbe sancire l’approvazione, da parte della comunità internazionale, dell’uso civile dell’energia atomica per il paese iraniano. Il punto cruciale della questione, almeno in termini di breve periodo, è costituito dalla rappresaglia che Teheran intende attuare per questo atto, considerato di spionaggio ai propri danni: la consegna di armi ai palestinesi della Cisgiordania. Con questo atto l’Iran potrebbe irrompere in maniera ufficiale all’interno della questione tra Palestina ed Israele. La portata di questo fatto appare enorme: l’Iran considera Israele un usurpatore dei territori arabi e fino al governo precedente non concedeva neppure dignità statale a Tel Aviv, chiamando lo stato di Israele entità. Da parte sua lo stato israeliano ha sempre considerato una minaccia per la sua esistenza la relativa vicinanza geografica di Teheran e non ha mai gradito l’alleanza tra Hezbollah libanesi e stato iraniano. Già così i fattori di pericolosità sono molto intensi per portare ulteriore destabilizzazione in una zona fortemente instabile ed al confine con l’epicentro di espansione del califfato. Teheran, fornendo le armi ai palestinesi, potrebbe cogliere una occasione per aumentare la propria rilevanza internazionale in una questione che, a parole, è importante per tutto il mondo arabo, ma che, nei fatti, è stata trascurata dai paesi arabi più importanti. In effetti, per ragioni di opportunità politica, le monarchie del Golfo non hanno più investito nella lotta di liberazione della Palestina, preferendo assecondare quello che nominalmente è un nemico, ma di fatto è un alleato: la nazione di Israele. Per l’Iran, viceversa la mossa di armare i palestinesi potrebbe portare un tornaconto di prestigio nel mondo sunnita, che permetterebbe di accreditare il principale paese scita come primo alleato dei palestinesi. Il ritorno di tale azione potrebbe permettere anche una maggiore libertà di azione delle milizie scite contro le truppe del califfato, soprattutto in chiave difensiva degli sciti irakeni, che sono stati una delle popolazioni più perseguitate dallo Stato islamico. La scelta di armare la Cisgiordania deve essere vista come una azione di responsabilità, giacché costituisce la parte più moderata delle forze che combattono per la costruzione dello stato palestinese, al contrario di Hamas, individuato come gruppo terrorista e sempre più vicino alle posizioni estreme dello stato islamico. Certamente la fornitura di armi non costituisce una azione di pace, come potrebbe essere una partnership in una azione diplomatica e vuole essere letta proprio come l’intendimento di volere forzare i rapporti militari squilibrati a favore di Israele. Resta da vedere se questa azione è nell’interesse della stessa Cisgiordania o potrebbe costituire una facilitazione per la vittoria elettorale dell’attuale governo israeliano. In ogni caso se ciò dovesse concretizzarsi potrebbe avere delle serie ripercussioni sugli assetti anche diplomatici, che riguardano il difficile tentativo di arrivare ad una definizione della questione palestinese. Resta la palese violazione del territorio iraniano, effettuata anche in un periodo molto delicato per lo stallo dei negoziati sul nucleare di Teheran, forse individuabile come un maldestro tentativo, da parte di Israele, per farli fallire in maniera definitiva, suscitando una reazione iraniana tale da peggiorare definitivamente i tentativi di conciliazione.
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