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martedì 24 febbraio 2015

La Francia contro il pericolo di Boko Haram

La minaccia concreta che jihadisti di Boko Haram, se continueranno ad avanzare, possano congiungersi con le milizie dello Stato islamico in azione in Libia, rappresenta un pericolo, che sembra ancora sottovalutato dai paesi occidentali, ad eccezione della Francia. Un tale scenario metterebbe sotto il controllo dell’integralismo una porzione territoriale di Africa troppo estesa e troppo vicina all’Europa, permettendo di creare una entità statale parallela difficile da debellare e dalla quale dare corso alle minacce verso l’occidente. Parigi ha cercato di sensibilizzare i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ottenendo soltanto risposte evasive e non la necessaria collaborazione per affrontare un pericolo così concreto. L’intenzione della Francia era di costituire una forza multinazionale, capace di agire con urgenza per debellare le milizie integraliste, tuttavia, per ragioni diverse, i membri permanenti non hanno ritenuto di dare corso alla richiesta dell’Eliseo. Sull’atteggiamento di Mosca, si può ipotizzare un calcolo politico a seguito della condotta dei paesi mediterranei nei confronti della Russia per la questione Ucraina; Pechino continua nella sua dottrina del non intervento in quelle che ritiene questioni interni di altri stati, anche se i sempre maggiori interessi in Africa, avrebbero autorizzato ad un maggiore coinvolgimento, a meno che non si tratti di volere indebolire proprio la Francia, che nella regione di azione di Boko Haram ha molti interessi, quasi in concorrenza con la stessa Cina. L’interessamento della Gran Bretagna è giudicato soltanto di facciata, mentre gli Stati Uniti non sembra vogliano essere coinvolti in una azione che presenta molti rischi. L’intenzione ufficiale della Francia sarebbe quella di appoggiare Nigeria e Ciad, dopo che questi abbiano ottenuto il via ufficiale dell’Unione Africana, per poi votare una risoluzione a favore del sostegno dell’iniziativa da votare entro la fine di marzo o l’inizio di aprile. Come si vede i tempi tecnici della burocrazia diplomatica sono incompatibili con il carattere di urgenza, richiesto dall’avanzata di Boko Haram, che, oltre tutto, avviene in un contesto di emergenza umanitaria per il problema della fame in diverse zone coinvolte. Esiste anche un ulteriore nemico, che la Francia deve combattere: il sospetto, presente in altre nazioni africane, che Parigi voglia assumere un atteggiamento colonialista, verso quei paesi che erano sotto la sua dominazione. In realtà il governo francese intende essere coinvolto in una posizione di secondo piano, orientata più sul sostegno tecnologico e logistico, inquadrato a supportare una coalizione formata da Camerun, Ciad e Nigeria, che dovrebbero agire con un comando unificato per razionalizzare gli sforzi contro i miliziani islamici. Questa operazione, però, necessita di un sostegno internazionale almeno politico, che può essere trovato soltanto nell’ambito delle nazioni Unite e specificatamente nella sede del Consiglio di sicurezza. Su questa esigenza sta vertendo il lavoro dei diplomatici di Parigi, che non dovrebbero essere lasciati soli in una iniziativa politica così importante, quanto sottovalutata.

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