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martedì 3 febbraio 2015
L'Iran intende riprendere la sua attività nucleare nel caso di sanzioni
Con un voto a larga maggioranza, 220 deputati su 290, il parlamento iraniano ha approvato un disegno di legge, che richiede all’esecutivo di riprendere tutte le attività nucleari nel caso di nuove sanzioni da parte degli USA. La volontà del parlamento di Teheran è diretta a prevenire l’inasprimento o l’adozione di nuove sanzioni da parte di Washington, per il mancato raggiungimento dell’accordo sul nucleare iraniano. L’adozione di nuove sanzioni, costituirebbe un grave ostacolo alla conclusione dell’accordo sul nucleare iraniano, ora in fase di stallo; l’accordo firmato a Ginevra nel novembre del 2013 aveva eliminato una parte delle sanzioni economiche, che avevano messo il paese iraniano in grave difficoltà economica, in cambio dello stop alle ricerche che consentivano di progredire nel loro programma atomico. Secondo gli iraniani una eventuale decisione di adottare nuove sanzioni sarebbe in contrasto con quanto firmato a Ginevra e darebbe il diritto all’Iran di riprendere la ricerca e gli esperimenti per avanzare nel loro programma nucleare. La determinazione del parlamento iraniano segue la volontà della Commissione bancaria del Senato americano, che ha approvato, a titolo preventivo, un progetto di nuove sanzioni contro Teheran nel caso il negoziato non abbia dei sostanziali sviluppi. La situazione circa lo stato attuale del negoziato in corso tra l’Iran ed il gruppo dei 5+1 (Uniti, Russia, Cina, Francia, Regno Unito e Germania) si trova in una fase di sospensione in attesa della riunione prevista entro la fine di marzo, dove si dovrebbe trovare un accordo politico preventivo capace di fissare i dettagli in grado di raggiungere la definitiva conclusione entro luglio. La decisione della Commissione del Senato rischia di diventare un incidente diplomatico non certo gradito ad Obama, soprattutto nell’attuale fase che presenta lo scenario internazionale. Certamente il fatto che i repubblicani abbiano la maggioranza in entrambi i rami del parlamento statunitense non aiuta la distensione tra Washington e Teheran, inaugurata dal Presidente democratico, ma sempre osteggiata dalla parte politica avversa, che vede nel continuo rinvio della conclusione delle trattative un vantaggio concesso all’Iran per rimandare il problema, inoltre il governo israeliano, in maggiore sintonia con il partito repubblicano, non ha mai gradito la sospensione delle sanzioni e l’atteggiamento conciliante di Obama e dispone di gruppi di pressione sufficientemente forti per fare ripartire le sanzioni in anticipo. Questa decisione potrebbe però determinare dei gravi contraccolpi nella difficile questione del califfato dove Washington e Teheran sono, di fatto, alleati contro gli integralisti sunniti. L’aiuto delle truppe sciite è stato determinante in più di una occasione ed un irrigidimento delle relazioni non faciliterebbe certo la lotta allo Stato islamico. Queste questioni non sono però state trattate nel disegno di legge del parlamento iraniano, che parla di aumentare il numero di centrifughe, capaci di arricchire l’uranio anche oltre il 20%, collocate in un sito a 100 chilometri dalla capitale e situato sotto una montagna, praticamente non attaccabile da eventuali azioni militari, come quelle più volte minacciate da Tel Aviv. Viene anche previsto di riprendere la costruzione di un reattore nucleare ad acqua pesante, il cui avanzamento era stato bloccato proprio grazie ad una clausola contenuta nel trattato di Ginevra. L’Iran resta ferma nella sua assicurazione che gli scopi del suo programma nucleare siano esclusivamente per usi civili, malgrado il timore di larga parte della comunità internazionale.
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