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lunedì 30 marzo 2015
I principali stati europei entrano in una banca asiatica fondata dalla Cina
La fondazione della Banca Asiatica di investimenti in infrastrutture, nasce con l’obiettivo di incrementare la crescita nel continente asiatico, ma è in chiara concorrenza con la Banca di sviluppo asiatico. Dietro a questi due istituti vi sono le due maggiori potenze mondiali, che cercano di sfruttare le potenzialità del continente maggiormente in crescita. La prima ad essere fondata è stata la seconda, dietro l’impulso degli Stati Uniti, del Giappone, della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, si tratta di una istituzione marcatamente occidentale, il cui presidente è sempre stato un nipponico. La prima banca, di recente fondazione, è un tentativo della Cina di rompere il monopolio finanziario occidentale sul continente asiatico; la grande liquidità di Pechino ha attratto, però l’adesione di governi occidentali, alleati di prima fila di Washington. Si tratta di Regno Unito, Francia, Germania ed Italia, che hanno visto una chiara opportunità di business per le loro economie, in un continente caratterizzato da alti tassi di crescita, che rappresenta, soprattutto nel settore della costruzione delle infrastrutture un mercato potenziale di incredibile valore. Nonostante le rimostranze degli Stati Uniti, che hanno visto l’adesione occidentale come un favore alla Cina, i paesi europei non sono tornati indietro, per non perdere opportunità economiche non altrimenti possibili. Oltre il fatto economico, che costituisce il legame alla base dell’adesione al nuovo istituto finanziario, è interessante rilevare il dato politico dell’ingresso in una organizzazione che si contraddistingue per la sua trasversalità, rispetto agli schemi internazionali vigenti. Si è parlato infatti di multipolarità, intendendo un incontro tra stati che non sono politicamente assimilabili alle alleanza politiche e militari, ma che trovano una intesa sulla base delle necessità economiche. Si tratta del segnale di una fase nuova delle relazioni internazionali, dove i contatti trasversali basati sulla economia e sulla finanza, possono assumere una valenza di superamento di altri tipi di contrasto, o, perlomeno, costituire una base per rapporti più distesi. In questa fase, certo, vi è il risentimento americano per quello che a Washington considerano una specie di tradimento; ma superato questo momento, questo esempio, potrebbe servire anche agli USA per creare istituzioni analoghe in altre zone del mondo, insieme a stati tradizionalmente su posizioni differenti. Quella indicata dalla fondazione della Banca asiatica di investimenti in infrastrutture può diventare un modello per superare differenze politiche e trovare terreni di intesa comuni, che possano andare oltre il fattore economico. Certamente questa visione, per adesso si spinge oltre quelle che sono le condizioni attuali, basate su di una speranza più che di una certezza, l’esperimento è all’inizio e se dovessero sorgere contrasti su questioni fondamentali come la trasparenza finanziaria e la tutela dei diritti dei lavoratori o dell’ambiente, potrebbero deteriorarsi le condizioni di partenza, che sembrano orientate ad una collaborazione in grado di generare profitti economici non trascurabili. D’altro canto è preferibile essere all’interno di questa istituzione, data la concreta occasione di farne parte, piuttosto che rifiutare per ragioni politiche. Viene cos’ assicurata la possibilità di compiere un percorso comune che può dare inizio ad una collaborazione pratica per la stesura di regole comuni, che possono funzionare anche da esempio nell’eventualità della costruzione di altri organismi multipolari, nono necessariamente di natura economica. L’opportunità quindi è enorme dal punto di vista delle relazioni internazionali e deve essere accolta favorevolmente anche da chi ne è voluto restare fuori per non averne compreso la portata.
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