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martedì 10 marzo 2015
Il pericolo e gli effetti di un referendum greco sull'euro
Il contenzioso tra la Grecia ed il resto d'Europa, minaccia di avere conseguenze ben più determinanti, che le ricadute finanziarie o i vincoli di bilancio. Siamo di fronte ad uno scontro tra due visioni diverse, dettate da esigenze diametralmente opposte. Per il nuovo esecutivo di Atene non si tratta soltanto di rispettare le promesse elettorali, ma di fare passare una concezione differente delle decisioni che la UE prende, sulla base di calcoli finanziari. Il programma elettorale, che ha portato la sinistra al governo, non è soltanto frutto di una elaborazione ideologica, ma è derivato dalla reale crisi, economica e sociale in cui versa il paese. Per i nuovi dirigenti greci il primo obiettivo è migliorare la condizione di difficoltà in cui si trova gran parte del popolo e successivamente, costruire le basi affinché ciò non si ripeta. Sebbene visto, anche da posizioni politiche opposte, è quello che accade in altri paesi europei, dove i programmi politici, specialmente di opposizione, si concentrano sulle modalità di come limitare l’invadenza di Bruxelles. Questo non accade solo nei movimenti di opposizione, ma anche in alcuni partiti di governo, che cercano, senza averne la forza, di fare deviare Berlino dai suoi propositi del rigore. All’opposto della Grecia, vi è proprio la Germania, che guida una serie di membri dell’euro, che hanno un atteggiamento non univoco ma più sfumato sull’applicazione del controllo rigido dei conti pubblici. Tuttavia, per adesso, Berlino ha sempre avuto la meglio ed ha costretto gli altri paesi ad allinearsi alle sue decisioni. La Germania lascia sfogare i contrari, a parole, lascia fare proclami ma, alla fine, l’indirizzo è sempre quello deciso dal suo ministero delle finanze. L’errore di fondo dell’impostazione tedesca è quello di anteporre i dati economici alle valutazioni politiche effettuate con un’ottica complessiva, in favore di una visione più europeista possibile. In realtà i calcoli politici a Berlino vengono fatti, ma soltanto nell’interesse tedesco. Però questo denota una certa miopia o, almeno, una visione ristretta, di breve periodo, che non permette uno sviluppo organico di tutta l’Europa. Quello che appare è che la Germania stia esagerando e stia praticando una strategia, che potrebbe poi ritorcersi contro di essa. Il successo tedesco è dovuto in gran parte all’euro, alla sua stabilità certo, ma anche alla sua diffusione nei paesi del vecchio continente, che rappresentano, malgrado la crisi, il suo mercato privilegiato e la sua area di vendita migliore. Senza l’euro e magari di nuovo con una moneta nazionale molto forte, le esportazioni tedesche subirebbero una contrazione in grado di ridimensionare l’economia tedesca. La lotta alla moneta unica è uno dei punti principali di tutti quei movimenti, che un poco in tutta Europa stanno guadagnando sempre più consensi ed ai quali Berlino non ha mostrato finora la dovuta attenzione. Ma tra questi movimenti non vi è la sinistra greca, che ha sempre affermato di volere restare dentro la moneta unica europea; questa affermazione ha tranquillizzato Berlino di potere continuare in modo invariato la sua politica nei confronti di Atene. Risulta vero che la Grecia ha bisogno di restare nell’area euro, ma è anche vero che questa permanenza non è a qualsiasi costo. La minaccia del governo greco di indire un referendum sul mantenimento della moneta unica, nel caso le parti non si avvicinino sul problema degli aiuti, in cambio di riforme al momento non attuabili, rischia di aprire una serie di richieste analoghe, in grado di mettere fine all’unico fattore di unione dei paesi europei. Risulta evidente che in una Grecia allo stremo un referendum popolare abolirebbe l’adesione all’euro e reintrodurrebbe la moneta nazionale. Se poi questo potrebbe fare ripartire la Grecia, qui non interessa; quello che conta è che ciò andrebbe a costituire un pericoloso precedente, estendibile in tutti gli altri paesi, soprattutto in quelli dove la presenza di movimenti anti europei è sempre più rilevante. Sottoposto a consultazione popolare l’euro potrebbe resistere in Italia, Francia, Spagna, Belgio e negli altri paesi? Questa domanda dovrebbe diventare cruciale per l’atteggiamento che Berlino e le istituzioni finanziarie intendono tenere, ora con la Grecia e poi con gli altri paesi che chiedono meno rigidità e maggiore flessibilità soprattutto in rapporto alle peculiari situazioni nazionali, senza che queste siano gestite da lontano e con regole imposte fuori dal percorso democratico del singolo paese. Quello che occorre, cioè, è un radicale cambio di atteggiamento e comportamento, che non sia ancorato a vecchie logiche di supremazia, anche per preservare ricchezze nazionali accumulate con comportamenti errati.
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