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martedì 17 marzo 2015

Il Vaticano appoggerebbe un eventuale intervento militare internazionale contro lo Stato islamico

Allarmato per le crescenti persecuzioni contro i cristiani ad opera dello Stato islamico e per quanto avvenuto in Pakistan, lo Stato della Città del Vaticano diviene sostenitore di un intervento militare, teso a garantire la libertà religiosa ed i diritti civili, non solo dei cristiani, ma anche degli appartenenti alle altre religioni, tra cui gli stessi musulmani moderati, oggetto di violenze da parte del califfato, per favorire la pacifica convivenza tra persone di fede differente. La forma dell’ipotetico intervento andrebbe inquadrata in un sistema di forze internazionale, con una consistente partecipazione di paesi musulmani, con il chiaro scopo di delegittimare le ragioni che stanno alla base dello Stato islamico. Si tratta della stessa visione del Presidente statunitense Obama, che, pur basandosi su presupposti corretti, non avendo avuto una risposta adeguata dai paesi sunniti, non ha permesso l’adeguata risposta alle violenze del califfato. Tuttavia l’importanza, non solo teorica, di costituire una alleanza non soltanto occidentale, risulta preminente nelle intenzioni del Vaticano, per non trasformare un potenziale intervento armato in guerra di religione, aspetto che potrebbe essere sfruttato moralmente dal califfato. Sebbene la via prioritaria indicata da Roma sia il raggiungimento di una soluzione politica, senza l’uso della violenza, la nuova posizione del Vaticano rappresenta un grande elemento di novità a livello internazionale, per una entità statale, che ha sempre fatto  ricercato la conclusione dei contrasti internazionali attraverso  modalità pacifiche e negoziali, come il proprio punto di vista assoluto. Tuttavia la constatazione che l’aumento delle violenze per motivi religiosi è arrivato ad  livello troppo elevato e troppo a lungo protratto nel tempo, ha permesso di rompere un vero e proprio tabù per l’istituzione che rappresenta la chiesa cattolica; tale atteggiamento deve essere inteso anche come una sorta di pressione sulle potenze mondiali ad intervenire per fare cessare le sofferenze della popolazione civile, che troppo spesso , sono legate intimamente a motivi di appartenenza religiosa. L’eccessiva impronta confessionale data ai conflitti, come quello nel medio oriente, ma non solo, ha determinato il ritorno a pratiche quasi medioevali, che attraverso l’uso smodato della violenza, miravano a rendere omogenei, nel senso religioso, interi territori, attraverso i quali esercitare il controllo politico, proprio in nome della divinità. Queste pratiche sono state usate anche dagli stessi cristiani in tempi remoti, ma ormai quella che si è affermata è una tendenza che favorisce la pacifica convivenza e la collaborazione tra appartenenti di fedi diverse.  Queste condizioni sono state però rovesciate dall’impostazione su cui si basa l’esercizio del potere, tramite cui viene amministrata la legge, dallo Stato islamico. La legge coranica, elevata a legge fondamentale dell’entità statale autodefinita califfato, viene interpretata in maniera del tutto errata, secondo diverse autorità religiose sunnite, tra cui una delle più autorevoli, quella de Il Cairo, stravolgendo il messaggio del testo sacro dell’Islam. La commistione tra elementi religiosi e tecniche del terrorismo,  coniugate con la dimensione dello spettacolo a misura dei social network, ha evidentemente creato un soggetto nuovo, con il quale si è resa evidente la caratteristica dell’impossibilità di  ogni forma di dialogo.  Sotto certi aspetti la nuova posizione del Vaticano è una sorta di resa e di sconfitta alla constatazione della necessità di procedere per vie militari alla risoluzione delle persecuzioni, perché contraddice lo spirito del Vangelo e tutta l’impostazione della chiesa cattolica, improntata alla pace come fattore distintivo delle relazioni internazionali. Resta da vedere, però, come si vuole considerare il califfato, che pur esercitando una sorta di sovranità su di un’area territoriale, non si può certo definire uno stato; il rilievo maggiore è come anche il Vaticano sia obbligato a riconoscere che non vi sia alcuna alternativa a violenze di questo tipo, che affrontarle sullo stesso terreno. Ora il pericolo concreto potrebbe essere rappresentato dal voluto travisamento della posizione del Vaticano, da parte dello Stato islamico, per trascinare questa necessità per riportare, per ragioni propagandistiche, il tutto su di un parallelo con le guerre di religione e fornire, così, un appiglio ideologico ai fanatici dell’integralismo islamico.

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