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mercoledì 4 marzo 2015
L'elemento Iran come complicazione nella lotta allo Stato islamico
Nonostante l’offensiva su Tikrit sia stata lanciata dall’Iraq, le divisioni, soprattutto religiose e politiche, in seno alla coalizione, che deve combattere lo Stato islamico, evidenziano come le attuali scelte militari possano favorire, sul medio periodo, proprio il califfato. Il primo elemento è l’assenza delle forze USA, che non appoggeranno dai cieli le forze del paese irakeno. Questo fatto è la conseguenza della presenza sempre più preponderante dell’elemento iraniano nella collaborazione con l’esercito dell’Iraq. Questo fattore rischia di ridurre la guerra allo Stato islamico, anziché come una lotta al terrorismo, in una questione religiosa tra sciiti e sunniti. Baghdad avrebbe disatteso le esplicite richieste di Washington, al fine di coinvolgere maggiormente i sunniti, sia nell’esercito regolare, che da parte delle tribù, contro i miliziani del califfato, per evitare la strumentalizzazione di una guerra religiosa, che avrebbe potuto togliere preziosi alleati all’Iraq e contribuito a travisare le effettive ragioni del conflitto. Mail coinvolgimento di un generale iraniano, responsabile delle forze di elite delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, ha dimostrato come oramai Teheran sia estremamente coinvolto nella questione. Deve essere specificato che l’Iraq ha bisogno di un appoggio materiale sul terreno: i curdi non sono numericamente abbastanza ed i paesi occidentali e quelli delle monarchie del Golfo non hanno mostrato alcuna intenzione di rischiare i propri soldati. Per l’Iran è stato facile inserirsi in questo vuoto, Teheran ha avuto, prima di tutto, l’interesse immediato di tenere lontane dai suoi confini le forze dello Stato islamico, poi, una volta sul terreno e favoriti dalla comune fede religiosa sciita con il governo irakeno, ha stretto rapporti sempre più stretti con l’esecutivo di Baghdad. Risulta evidente come l’Iran possa avvantaggiarsi della situazione politica che potrebbe crearsi una volta sconfitto il califfato. Gli Stati Uniti, nelle dichiarazioni ufficiali rilasciate dal personale militare, fanno trasparire imbarazzo sulla presenza dell’importante personaggio iraniano, lasciando intendere che non vi è una completa coordinazione con i comandi irakeni. A confermare la presenza dell’alto ufficiale, ci sarebbero le affermazioni di esponenti di Hezbollah. Secondo alcune indiscrezioni sarebbe in corso una alleanza militare contro il califfato, che coinvolgerebbe, oltre all’Iraq ed all’Iran, anche truppe siriane e miliziani di Hezbollah, che darebbero dei connotati di matrice religiosa al conflitto troppo marcati, inoltre la posizione degli Stati Uniti sarebbe messa in difficoltà dalla presenza dei siriani, con i quali Obama non ha voluto avere alcuna relazione e per la partecipazione di Hezbollah, considerato un movimento terroristico. La necessità dei combattenti di terra avrebbe così relegato gli Stati Uniti a protagonista di secondo piano, con conseguenze contrarie agli interessi di Washington, circa la pacificazione tra sunniti e sciti per la stabilizzazione del paese irakeno in un’ottica vicino agli USA. Tuttavia se l’intenzione iraniana è quella di estendere la sua influenza su di un Iraq, guidato soltanto dalla minoranza sciita, il problema del califfato, anche ipotizzando una possibile sconfitta dello Stato islamico, è destinato a ripresentarsi ampliato e sotto altre forme, che potrebbero investire la scena internazionale. Una delle cause della veloce propagazione dello stato islamico nei territori dei sunniti irakeni è stata proprio la contrapposizione tra sciiti e sunniti e la sproporzionata divisione del potere, a favore dei primi, nello Stato nato dopo la caduta di Saddam Hussein. Una maggiore presenza dell’Iran, susciterebbe, poi, il problema dell’annoso confronto tra Teheran ed Arabia Saudita, poco propensa a fare avanzare l’influenza iraniana fin sotto i propri confini, senza trascurare la sicura opposizione di Israele. Uno dei problemi attuali e non ipotizzabili è la presenza tra le fila dei militari iraniani presenti nell’attacco di Tikrit di formazioni già protagoniste di episodi di barbarie analoghi a quelli compiuti dagli uomini del califfato; questo rilievo è stato fatto dall’associazione Human Rights Watch e potrebbe costituire una valida ragione per sovvertire gli equilibri presenti, dando occasione ad un nuovo impulso per lo Stato islamico. La situazione è dunque esplosiva e non lascia presagire nulla di buono, allontanando la soluzione della questione siriano irakena, ed anzi portando elementi di ulteriore aggravamento. Una sicura responsabilità è da ascriversi agli americani che hanno tenuto un atteggiamento troppo timido, come i loro partner occidentali, lasciando troppo spazio di manovra al governo sciita di Baghdad, che ha troppo coinvolto l’Iran, suo alleato naturale; ma anche molto è dipeso dall’immobilismo delle Nazioni Unite, un rilievo che ormai ricorre troppo spesso nei rilievi dei comportanti negativi dell’ONU.
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