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lunedì 9 marzo 2015

Previsioni molto incerte per le elezioni in Israele

A pochi giorni dalle elezioni israeliane, che si terranno il 17 marzo, i sondaggi presentato una situazione di profonda incertezza. Le cause principali sono dovute al timore di un forte astensionismo, alla forte frammentazione politica in diversi partiti, che potrà complicare la formazione delle alleanze, la nascita di partiti populisti e l’eccessiva personalizzazione dei movimenti che partecipano alla competizione elettorale. Siamo di fronte a situazioni analoghe che si stanno verificando in tutte le democrazie occidentali, fortemente condizionate dalla profonda insoddisfazione del corpo elettorale, sempre meno attratto dai maggiori partiti, per un senso di sfiducia nella politica, intesa come servizio alla comunità. Questo scenario potrebbe  portare  alla condizione dove  il primo partito del paese, non sarà quello che formerà la coalizione di governo. In questo caso assumerebbe una importanza decisiva la capacità di aggregazione delle due maggiori forze contrapposte. Un fattore non secondario è la personalizzazione delle liste, dove sembra fare maggiore presa sull’elettorato la personalità guida del partito, anziché il suo programma. La quota dei seggi che assicura la governabilità del paese è fissata in almeno 61e si teme che il mosaico di partiti che concorrono alle elezioni complichi molto il raggiungimento di questa soglia, obbligando forze contrarie a collaborare in un governo di grande coalizione. Questa eventualità è molto temuta dagli analisti israeliani, perché vedrebbe la creazione di un esecutivo composto da partiti e personalità con idee opposte e divise anche da rancori profondi, fattori che potrebbero determinare una sorta di blocco delle decisioni a causa della lentezza della discussione per la necessità di trovare una sintesi univoca. Praticamente uno scenario dove la non governabilità si presenterebbe sotto forma di paralisi istituzionale. Una condizione, che agli occhi di un osservatore internazionale, il paese israeliano dovrebbe sicuramente evitare, per affrontare, in un modo o nell’altro le sfide che l’attendono. Tuttavia i grandi temi internazionali, in cui Israele è inevitabilmente coinvolto, non sembrano catturare l’attenzione della maggioranza degli elettori, preoccupati piuttosto del cattivo andamento dell’economia e della mancanza di soluzioni per risolvere i problemi sociali che condizionano il paese ed a causa di ciò la visita negli USA di Netanyahu non ha avuto l’impatto sui sondaggi che il premier israeliano si attendeva. I problemi con la Palestina, sono stati sollevati praticamente soltanto dalle formazioni arabe israeliane, che rappresentano il 20% della popolazione di cui il 15% fa parte dell’elettorato attivo. In questa fascia di popolazione si prevede un atteggiamento in controtendenza rispetto all’astensionismo di cui sono protagonisti solitamente. La necessità di arrivare ad un accordo con i palestinesi è un argomento molto sentito, specialmente dopo il permanere del problema degli insediamenti e la guerra di Gaza. Se questa parte dell’elettorato dovesse votare compatta per gli oppositori dell’attuale governo l’incertezza circa il risultato del voto potrebbe assumere contorni meno incerti e favorire la coalizione contraria a Netanyahu, che ha messo nel suo programma elettorale la soluzione della questione palestinese nei suoi punti principali. 

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