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martedì 28 aprile 2015

Esiste un piano B della Grecia?

L'incertezza del futuro della Grecia crea allarme nei ministri delle finanze europee, tanto da prefigurare un tanto temuto piano B. Non è molto chiaro se il piano B, voglia dire uscita dall’euro o qualcosa di alternativo, anche se per la maggioranza dei responsabili economici dei paesi aderenti all’Unione Europea, la permanenza di Atene nell’euro è fuori discussione. Tuttavia se dovessero continuare i nulla di fatto nelle riunioni economiche europee e si dovesse arrivare alla fatidica data dell’undici maggio prossimo con la Grecia ancora in grave crisi di liquidità e senza potere rimborsare la data di scadenza di 700 milioni di euro, il paese ellenico sarebbe formalmente fallito. Questa eventualità potrebbe veramente aprire le porte alla fuoriuscita della moneta unica? In assenza di correttivi da parte degli altri membri e senza volere valutare le conseguenze politiche, non di poco conto e con evidenti ricadute economiche successive, il destino potrebbe sembrare quello. Ma ciò significherebbe anche l’impossibilità dei creditori, tra cui figurano alcuni stati europei, di riavere quanto prestato ad Atene. Questa motivazione sembra essere la più concreta per evitare alla Grecia il cambio ufficiale di moneta. In aiuto del governo ellenico ci sarebbero anche le condizioni favorevoli dell’accesso al credito con tassi convenienti specialmente sui titoli a breve scadenza. Questa soluzione potrebbe permettere al governo in carica nuovi aggiustamenti delle manovre necessarie, coniugandole con le necessità imposte dal programma elettorale. Questo scenario, tuttavia, potrebbe essere troppo ottimista, specialmente se confrontato con la crisi di liquidità delle banche elleniche, soggette ad una incessante fuga di capitali, al quale si cerca di porre rimedio con la liquidità presente negli enti locali; ma si tratta sostanzialmente di una partita di giro, che non porta denaro fresco alla causa greca. Quello che preoccupa sono le ricadute sociali, come il pagamento degli stipendi ai dipendenti pubblici ed il blocco del già difficoltoso mercato interno. Una soluzione potrebbe essere una sorta di piano B, ma al di fuori del contesto dell’Unione Europea e maturato all’interno dei confini greci. In sostanza la Grecia potrebbe rimanere nell’euro, usando la valuta europea per gli scambi internazionali e creare una moneta alternativa soltanto per il perimetro interno. Si tratterebbe di avere due sistemi valutari contemporaneamente ed indipendenti l’uno dall’altro, in sostanza Atene per il territorio della Grecia potrebbe ristampare moneta, che non avrebbe validità esterna. La misura potrebbe alleviare le difficili condizioni sociali e potrebbe permettere di risparmiare gli euro, entrati dalle esportazioni, dal turismo e dai prestiti. Certamente una quota parte dovrebbe essere investita per l’importazione, ma le casse dello stato sarebbero sollevate dalle uscite dirette all’interno. Tuttavia, essendo questa moneta non convertibile, verrebbero a mancare le entrate della tassazione, a meno di non creare una conversione interna soltanto per particolari casi, tra i quali appunto quello delle imposte. Certamente uno dei fattori collaterali sarebbe una tasso di inflazione tendente verso l‘alto, se l’organismo di emissione non sarà in grado di effettuare una adeguata e bilanciata politica finanziaria. Dal punto di vista politico questa soluzione potrebbe aprire il tentativo di emulazione per altre economie in crisi, soprattutto se al governo dovessero arrivare movimenti o partiti contro la moneta unica, che potrebbero trovare appiglio in un precedente concreto per effettuare un primo passo per sganciarsi dall’euro. Difficile però che la Grecia tenti una soluzione così estrema, che potrebbe significare soltanto una esclusione dalla moneta unica. Pare impossibile, infatti, che la Germania, ad esempio, acconsenta ad un espediente che andrebbe a creare una alternativa all’euro, seppure su scala soltanto locale: ciò rappresenterebbe comunque un attentato all’unica politica comunitaria che Bruxelles, seppure sotto le indicazioni di Berlino, riesce a fare. Per la soluzione all’enigma greco, resta soltanto il tempo come fattore decisivo da concedere ad Atene per stabilizzare la propria situazione e creare le condizioni favorevoli alla ripresa. Senza di ciò i creditori di Atene sono destinati a non riscuotere i propri crediti. Questo oltre ogni fatto di rigida contabilità.

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