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lunedì 20 aprile 2015
Nel mondo ci sono ancora un miliardo di persone in estrema povertà
Secondo il Presidente della Banca mondiale, sono quasi un miliardo le persone che vivono in condizioni di estrema miseria. Si assiste ad uno squilibrio della distribuzione del reddito, che assume, nei paesi poveri una dimensione enorme; se nei paesi ricchi la non uniformità della distribuzione della ricchezza crea diseguaglianze sociali pericolose con un calo sempre maggiore della qualità della vita, in Asia ed in Africa il problema si riflette sulle reali possibilità di sopravvivenza, essendo acuito da istituzioni politiche carenti e da una corruzione endemica, capace di drenare tutte le risorse, anche quelle destinate alla guerra contro la fame. La ricetta di Jim Yong Kim, il numero uno della Banca mondiale, è quella di favorire una crescita elevata per dichiarare guerra in modo efficace alla povertà. L’obiettivo è quello di elevare il livello di vita degli ultimi della classifica della ricchezza: ben un miliardo di persone, che devono essere tolte dalla povertà estrema entro il 2030, termine fissato dalla comunità internazionale. Si tratta però di vedere come si deve intendere questa crescita, con quali modi raggiungerla e nel rispetto di quali valori. Certamente quasi qualsiasi cosa è meglio che la miseria, ma quando un banchiere pronuncia la crescita come ricetta per vincere la povertà, non si può fare a meno di avere qualche sospetto. Se la crescita è intesa come investimento nella formazione delle persone nelle competenze necessarie a creare uno sviluppo armonico con l’ambiente ed il rispetto dei diritti, che, proprio la carenza nei paesi poveri concorre a stabilire le condizioni di povertà, allora si può giudicare positivamente il proposito della crescita. Viceversa alzare di poco l’asticella della condizione umana ora presente, per incrementare lo sfruttamento e la continua negazione dei diritti appare una misura destinata a diventare controproducente. Se non esiste una formula generale per tutti i paesi poveri, per risollevarli dalla miseria, a causa di situazioni peculiari e contingenti, esistono, però, valori assoluti ai quali fare riferimento, che consistono nel rispetto delle persone e nello stabilire criteri certi per una crescita sostenibile, rispondenti a parametri capaci di assicurare che il progresso economico vada di pari passo con quello sociale e civile. I campi dove è più urgente stabilire delle priorità sono quelli della sanità, della protezione contro i disastri naturali e le carestie. Intervenendo subito in questi aspetti si possono creare le condizioni di partenza per assicurare uno sviluppo economico certo e durevole. Questo perché possono venire create le condizioni strutturali sulle quali basare lo sviluppo e quindi la crescita. Se l’Asia è il continente dove è presente il maggior numero di persone in condizioni di miseria, l’Africa, detiene il triste primato del maggior tasso di miseria in rapporto alla popolazione, ciò vuol dire che nel continente nero esiste una maggiore percentuale di persone molto povere e questo dato costituisce il freno naturale dello sviluppo, giacché richiede interventi su di una platea maggiore. In entrambi i casi lo sfruttamento delle materie prime non viene distribuito e le condizioni mondiali della finanza hanno aggravato situazioni già compromesse, che hanno impedito la pianificazione contro la miseria, attraverso piani di sviluppo con uno sguardo capace di andare oltre la mera assistenza. Anzi un aspetto negativo dei programmi esclusivamente assistenziali è proprio quello di occuparsi soltanto delle necessità più urgenti senza un conseguente sviluppo. Ancora una volta quello che si nota è la carenza di coordinamento dei paesi ricchi, impegnati in programmi dove ci sia una resa economica per il donatore. Questa visione svela una enorme miopia a livello politico, perché non tiene conto delle sempre maggiori conseguenze connesse alla miseria, primo tra tutti il ricorso alle migrazioni non regolate verso i paesi occidentali, che come effetti collaterali hanno quelli di alimentare traffici illeciti di organizzazioni criminali e terroristiche. Anche senza volere scomodare lo spirito altruistico e di responsabilità che dovrebbe riguardare sempre paesi ex coloniali, la lotta alla miseria rappresenta comunque un grande investimento, capace di creare sicurezza internazionale ed in un futuro, anche nuovi mercati.
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