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giovedì 7 maggio 2015

Elezioni inglesi: sistema maggioritario con la novità del multipartitismo

Il modello elettorale britannico è stato costruito per favorire maggioranze stabili, ma è stato pensato in un ambito di puro bipolarismo. Le elezioni odierne, al contrario, vedono in competizioni più formazioni partitiche; questo fattore, unito con la pesante incertezza degli orientamenti degli elettori, prefigura un assetto governativo futuro, molto più incerto e condizionato dalla necessità di arrivare a formare l’esecutivo attraverso alleanze di partiti, che determineranno una maggiore incertezza dell’azione di governo del paese. Sembra scontato che nessun partito possa raggiungere da solo la maggioranza assoluta e sarà quindi necessaria l’unione di formazioni diverse. Gli ultimi sondaggi parlano di una sostanziale parità tra i due partiti maggiori, nelle percentuali previste, anche se i conservatori dovrebbero, alla fine, arrivare in testa con circa 10-15 seggi. Questo non significa che Cameron, dopo avere ricevuto l’incarico di formare il nuovo governo, riesca nell’intento. Per unirsi alle forze di destra, che sembrano essere necessarie anche oltre l’appoggio dei liberaldemocratici, Cameron deve promettere il referendum per uscire dall’Unione Europea, una mossa che sarebbe accolta favorevolmente dai ceti popolari, che voteranno genericamente per la destra, ma che non è vista altrettanto favorevolmente dalla finanza e dall’industria inglese, che vedrebbero ridotto il loro margine di manovra, in caso di vittoria di chi preferisce il Regno Unito libero dai vincoli di Bruxelles. Ma anche senza arrivare a tanto la sola proclamazione del referendum, esporrebbe il sistema finanziario del Regno Unito a particolare incertezza, compromettendo per un periodo i guadagni degli speculatori. Se Cameron, nel caso di platonica vittoria,  non riuscisse a formare il governo, l’incarico passerebbe a Miliband il leader dei laburisti, il cui alleato obbligato è il partito nazionalista scozzese, che dovrebbe sottrarre, proprio ai laburisti, gran parte dei seggi, che normalmente conquistavano i seggi. Il partito nazionalista scozzese, malgrado l’esito negativo del referendum per uscire dal Regno Unito, o, forse proprio per quello, ha moltiplicato i propri iscritti, e viene dato come sicuro vincitore, quasi assoluto, nel territorio scozzese. Se questo risultato elettorale pronosticato dai sondaggi, sarà confermato, il partito scozzese potrà diventare un soggetto decisivo per garantire la governabilità a Londra. Ma anche sull’alleanza tra laburisti e nazionalisti scozzesi grava la minaccia di un referendum, anzi la ripetizione del referendum per l’indipendenza della Scozia. Questa condizione sarebbe essenziale per partecipare alla maggioranza, perché i dirigenti dei nazionalisti scozzesi ritengono il futuro prossimo più favorevole del passato recente, per riuscire a vincere la partita dell’indipendenza. Come si vede i due maggiori partiti, per riuscire a formare una maggioranza sono entrambi sottoposti ad una sorta di ricatto simile, a cui sono rispettivamente ed  entrambi fondamentalmente contrari. Cameron, malgrado tutto, non vuole uscire dall’Unione Europea, da cui ha ottenuto più vantaggi di quanto afferma di avere subito, mentre Miliband non vuole smembrare l’unità del Regno Unito.  Queste premesse annunciano la fine del bipolarismo inglese in maniera definitiva, non tanto per la presenza di altri partiti, oltre ai due tradizionali, che erano, comunque, già sulla scena politica inglese, quanto per la loro accresciuta importanza essendo diventati decisivi per la governabilità del paese. Il Regno Unito acquista, così, caratteristiche politiche continentali, diventando il suo sistema politico meno governabile perché più frammentato ed obbligato a compromessi, che, potenzialmente, potrebbero incrinare la tradizionale stabilità politica inglese.

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