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giovedì 28 maggio 2015

Gli USA rifiutano ogni possibile proroga per la firma sul trattato del nucleare iraniano

La possibilità di estendere i negoziati sul nucleare iraniano non è una possibilità contemplata dagli Stati Uniti. L’eventualità era stata prospettata sia dai negoziatori iraniani, sia dall’ambasciatore francese negli Stati Uniti, ma è stata scartata in modo deciso da Washington, decisa a non oltrepassare la data già da tempo fissata del 30 giugno prossimo. Le ragioni della Casa Bianca sono di impedire una turbativa all’interno della già difficoltosa azione di politica estera che gli americani stanno portando avanti nel medio oriente. In questo momento gli USA devono destreggiarsi tra le rimostranza sunnite, soprattutto dei paesi del Golfo e di Israele, che sono contrari alla chiusura del negoziato, e la necessità dell’appoggio iraniano sul terreno contro le forze dello Stato islamico. Un rinvio converrebbe a Teheran, che cerca, presumibilmente, di acquisire ulteriore capacità nella tecnologia nucleare in un lasso di tempo, non ancora soggetto ai rigidi vincoli del trattato in fase di firma finale. Per gli USA è necessario chiudere entro i tempi stabiliti e definire la questione in modo definitivo, per avviare una distensione più completa con l’Iran, in un’ottica di lotta al terrorismo sunnita e, nello stesso tempo, acquisire la sicurezza che sul fronte degli armamenti atomici Teheran non possa rappresentare una minaccia. Al contrario l’Arabia Saudita teme che il trattato non presenti le garanzie sufficienti per impedire lo sviluppo della tecnologia atomica nella versione militare per il paese iraniano ed ha più volte sollecitato Washington a non fornire l’autorizzazione allo sviluppo di quella che dovrebbe essere solo tecnologia per scopi civili. Su questa stessa posizione si trova anche Israele, a cui l’Arabia avrebbe offerto una sorta di collaborazione, alcuni hanno parlato di alleanza, basata proprio su questi sentimenti condivisi. Che anche la Francia abbia prospettato un possibile rinvio, sembra essere il sintomo di ricercare, al contrario degli scopi iraniani, maggiori forme di controllo; in effetti Parigi è sempre stato il membro del gruppo denominato dei 5+1 (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Russia e Cina), che conduce le trattative con l’Iran, più rigido con Teheran. Questo atteggiamento francese, che è stato finora l’unico, a parte quello degli iraniani, a propendere per una ulteriore deroga, appare in netto contrasto con le volontà americane e non sembra essere funzionale a qualche obiettivo preciso di interesse esclusivo di Parigi, quanto il possibile risultato di un programma derivato da direttive concordate con paesi terzi. Chi non ha interesse che la trattativa arrivi alla fine vuole lasciarsi aperto uno spiraglio per impedire lo sviluppo tecnologico nucleare iraniano, ma così facendo rischia proprio di avvantaggiare Teheran. Sia Israele che l’Arabia Saudita e gli altri paesi del Golfo Persico, restano comunque nella posizione di osteggiare la possibilità che l’Iran diventi una potenza nucleare, anche solo per gli usi civili, rinunciando, però, a regolamentare in maniera chiara e netta il fenomeno. Esiste una duplice spiegazione di questo atteggiamento, la prima è quella ufficiale, che è anche veritiera e non di facciata: se l’Iran riuscisse veramente ad entrare nel club delle potenze nucleari militari, l’equilibrio regionale verrebbe verosimilmente alterato. La seconda spiegazione riguarda la fine delle sanzioni, che diventerebbe pressoché automatica con la firma dell’accordo. A quel punto l’Iran potrebbe esportare il proprio petrolio ed il proprio gas, intaccando il potere economico delle monarchie del Golfo. Ma questa ragione è anche, oltre a quella geopolitica, uno dei motori del negoziato: per gli USA si aprirebbe un mercato potenzialmente enorme dove vendere le proprie merci, così come per l’Europa, mentre la Cina potrebbe accedere ad una nuova fonte di approvvigionamento per le materie energetiche e la stessa Russia preme per sviluppare forme di collaborazione commerciale con Teheran. Per le stesse ragioni l’Iran potrebbe assumere una linea morbida e scegliere di non irrigidirsi nella sua richiesta di rinvio, in fondo uno degli obiettivi enunciati in campagna elettorale dal vincitore era proprio riuscire ad ottenere la fine delle sanzioni per migliorare lo stato economico del paese.

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