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mercoledì 6 maggio 2015

Hezbollah contro i gruppi sunniti al confine con il Libano, per difendere il paese dei cedri

Il movimento Hezbollah proclama una offensiva contro i ribelli di Al Nusra, la cellula affiliata ad Al Qaeda e contro i miliziani dello Stato islamico, presenti nei territori al confine con la Siria. La strategia di questi gruppi estremisti sunniti è quella di tenere in costante apprensione il paese libanese, con incursioni oltre frontiera. Una delle intenzioni principali è proprio quella di portare la guerra in corso in Siria ed in Iraq, dove si è estesa la sovranità del califfato, nel territorio del Libano, individuato come roccaforte degli sciiti ed in appoggio al regime di Damasco. In realtà la posizione ufficiale del paese libanese è stata, finora, quella di tenersi al di fuori del conflitto, soprattutto per la sua eterogenea composizione sociale, formata da sciiti e sunniti. Al riguardo della guerra civile siriana, i primi sono schierati a favore di Assad, mentre i secondi sostengono la ribellione. Tuttavia, il termine ribellione allo stato siriano è un termine che da inizialmente molto vago, perché comprendeva movimenti di natura differente, dalle forze laiche fino a quelle più integraliste islamiche, ha finito sempre più per coincidere con le forze confessionali sunnite più estreme, che hanno preso il sopravvento, grazie anche ai finanziamenti delle monarchie del Golfo e di altri stati sunniti. In Libano, che più volte, nel passato, ha dovuto subire le influenze negative della Siria, che ha praticato più di una ingerenza nella vita politica del paese, la parte sciita, dove il movimento Hezbollah costituisce la formazione più organizzata, anche militarmente, grazie al sostegno iraniano, teme un contagio della guerra civile siriana, che potrebbe portare fin dentro al paese l’integralismo sunnita. Questa eventualità, dal punto di vista strategico, potrebbe permettere al califfato ed ai suoi alleati di estendere il proprio dominio in una zona cruciale, non solo per determinare la caduta di Assad, ma anche per arrivare ai confini con l’odiato Israele e provocare, perciò, un innalzamento della tensione nella regione, dagli sviluppi fortemente problematici. L’intenzione dichiarata di Hezbollah è quella di preservare il paese libanese dalle incursioni sunnite, anche per proteggere i tanti gruppi religiosi, tra cui diversi cristiani, presenti sul territorio. Se questo proponimento sia sincero o no, non è importante in questa sede, ma è fondamentale rilevare la valenza mediatica di questa intenzione. Hezbollah, da movimento terroristico, intende presentarsi come un paladino della difesa dei diritti, anche delle minoranze, di fronte all’orda sunnita. Un ulteriore aspetto delle intenzioni di Hezbollah, per giustificare le sue intenzioni, è quello che le forze regolari libanesi non sarebbero in grado di difendere il paese dall’assalto degli integralisti del califfato.  Queste dichiarazioni hanno provocato le reazioni del governo di Beirut, ma i dubbi sulla reale preparazione delle forze libanesi sono reali. Lo scenario che si prefigura, quindi, potrebbe cambiare l’atteggiamento dell’occidente verso Hezbollah, come è sostanzialmente cambiato, anche se in forma non ufficiale, quello verso Assad. La ragione è che, in questo momento, ogni alleato contro il califfato è benvenuto. Allo stato dei fatti l’aspetto più urgente da risolvere è la sconfitta dello Stato islamico, che determina il passaggio in secondo piano dei precedenti motivi di contrasto. Ma se questa è la visione prevalente della Casa Bianca, la variabile Hezbollah può influenzare la scena internazionale più che le operazioni che intende mettere in atto per la difesa del Libano. La naturale alleanza con l’Iran, unita ad azioni contro forze sunnite sostenute dalle monarchie del Golfo, non potrà che suscitare contrasti tra Washington ed i suoi alleati sunniti, impegnati, tra l’altro, nella questione yemenita. Gli Stati Uniti, pur considerando prioritario il problema del califfato, non intendendo impegnarsi in prima persona sul terreno e considerano benvenuto ogni alleato ufficiale, come i curdi, o ufficioso, come l’Iran e la stessa Siria di Assad, che è, in questo momento preferita ad ogni ipotesi di conquista del paese siriano da parte di formazioni sunnite, anche moderate.  Resta da vedere la posizione di Israele, tradizionale nemico di Hezbollah, che non ha mai visto favorevolmente la caduta di Assad, con il quale aveva instaurato un rapporto di convivenza; Tel Aviv rischia ora di trovarsi dalla stessa parte di chi lo ha sempre bersagliato di missili dal Libano. Il quadro complessivo è quindi troppo complicato da variabili sempre nuove, che contribuiscono a rendere sempre più difficile una analisi chiara e lineare. La situazione, in costante evoluzione, non potrà essere risolta nel medio periodo, perché, anche se si troverà la soluzione al problema dello Stato islamico, cosa tutt’altro che scontata, le altre questioni, che ora sono in secondo piano, come la Siria ed i delicati rapporti di alleanze, minacciano di diventare di altrettanta complicata risoluzione

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