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martedì 5 maggio 2015

Il pericolo conseguente alla rivendicazione dello Stato islamico dell'attentato in Texas

L'attacco avvenuto in Texas, contro una mostra di disegni su Maometto, è stata rivendicata dallo Stato islamico. Sul fatto che questa rivendicazione sia veritiera esistono alcuni dubbi: il califfato, in realtà non sarebbe stato il mandante dell’attentato, ma si sarebbe appropriato dell’atto per sfruttarne l’effetto mediatico. In effetti non esistono, per ora, collegamenti tangibili tra lo Stato islamico e gli attentatori, che sembrano essere piuttosto dei singoli, non inquadrati in alcun movimento. Tuttavia, la rivendicazione degli integralisti islamici deve fare seriamente riflettere: se in questo momento non sembra essere possibile la presenza di cellule del califfato sul suolo statunitense, è vero, però, che vi è materiale umano in abbondanza in grado di effettuare attentati in nome dell’estremismo religioso. Si assiste così ad un fenomeno di reclutamento a posteriori, dopo che l’attentato è stato compiuto e, probabilmente, senza neppure informare dell’ingresso nelle formazioni del califfato degli autori del gesto. In sostanza lo Stato islamico ha la concreta possibilità di trovare dei nuovi effettivi sul suolo americano, senza praticamente metterli alla prova preventivamente. Siamo di fronte a possibili episodi di emulazione, che potrebbero portare il paese statunitense in pieno terrorismo. Le minacce dello Stato islamico, di effettuare le ritorsioni dei bombardamenti, che la forza aerea americana sta compiendo su quello che è il territorio che il califfato ritiene essere come una entità sovrana, si coniuga ai sentimenti anti americani, che per gli integralisti dovrebbero essere propri di ogni musulmano, anche se di cittadinanza statunitense. Su di questo assunto si basa la strategia che lo Stato islamico intende esercitare per iniziare a minacciare gli USA sul loro territorio. Il precedente della strage di Boston costituisce un antefatto potenzialmente molto pericoloso, che fortunatamente non è stato ancora sfruttato, ma che apre prospettive enormi in coincidenza dell’inasprimento della lotta che Washington sta conducendo contro lo Stato islamico. Il fatto, che al momento, uno dei principali obiettivi della politica estera statunitense, nell’ambito della sicurezza mondiale, sia quello di sconfiggere il califfato, espone ancora maggiormente gli USA ad attentati che potrebbero diventare sempre meno prevedibili. Il pericolo potrebbe provenire sia da cellule dormienti, sia da elementi che agiscono di propria iniziativa; in entrambi i casi il controllo diventa non impossibile, ma comunque molto difficile. Se lo Stato islamico intende annunciare una offensiva fin dentro il cuore degli Stati Uniti, può trovare seguaci con la sola propaganda a distanza, centrata sull’importanza di imporre la legge islamica nel mondo occidentale, un argomento di sicuro successo per chi propende per l’estremismo islamico. Per gli Usa si tratta ora di attivarsi nel maggior modo possibile per prevenire altri atti terroristici: il controllo e la repressione da soli non bastano, serve un’opera costante di convincimento degli islamici moderati affinché non si propaghi l’estremismo. La rivendicazione dell’attentato da parte del califfato, anche se lo Stato islamico non è stato probabilmente ne il mandante e neppure l’esecutore materiale, segna una svolta che la Casa Bianca non deve assolutamente sottovalutare, la capacità mediatica che il califfato ha dimostrato più volte, rischia di diventare il principale veicolo di reclutamento, senza servire lo Stato islamico sui suoi territori, ma all’estero, con azioni potenzialmente molto più destabilizzanti. Un individuo può diventare un membro del califfato, senza neppure chiederlo, ma anche soltanto attraverso la condivisione degli obiettivi dello Stato islamico e mettendo in pratica atti terroristici contro il nemico indicato dagli estremisti o soltanto avvertito come tale. La successiva appropriazione dell’attentato diventa così il momento che sancisce che il nemico è stato colpito, fattore che esplica la forza del movimento. SI tratta di una logica quasi elementare, ma molto pericolosa, perché potenzialmente capace di avere grandi possibilità di sfuggire ai controlli che sono comunemente praticati per prevenire il terrorismo. In conclusione il fenomeno, pur non essendo nuovo, si annuncia molto preoccupante per le dimensioni che potrebbe assumere e la cui risposta, per essere efficace deve comprendere un ventaglio di soluzioni che vanno dalla diplomazia internazionale fino alle indagini di quartiere.

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