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mercoledì 20 maggio 2015

L'Arabia Saudita potrebbe dotarsi dell'arma nucleare per bilanciare i progressi dell'Iran

Le forti preoccupazioni, già più volte dimostrate, sia sul piano diplomatico, che su quello strategico, dall’Arabia Saudita, per il sempre più vicino accordo, previsto entro il 30 giugno, che dovrebbe sancire per l’Iran della possibilità di dotarsi di una tecnologia nucleare, potrebbe innescare una corsa agli armamenti atomici nel medio oriente. L’intenzione di Riyadh sarebbe quella di riscuotere il debito che il paese saudita vanta con il Pakistan a seguito dei grandi investimenti, nell’ordine di miliardi di dollari, effettuati per finanziare il programma nucleare pachistano, La principale monarchia del Golfo avrebbe così a disposizione un ordigno atomico già testato e pronto in tempi quasi immediati, sorpassando Teheran in una eventuale corsa agli armamenti nucleari, che si preannuncia ormai quasi certa. Se questo sviluppo si verificherà, verranno creati presupposti totalmente contrari alle intenzioni statunitensi, che hanno concentrato tutti i loro sforzi per evitare la proliferazione nucleare, andando incontro alle esigenze iraniane, con il tentativo di regolamentare il loro approccio della tecnologia atomica, tentando di incanalarlo verso l’esclusivo sviluppo civile. La profonda avversione delle monarchie del Golfo, dei paesi sunniti ed anche di Israele, ha sviluppato un movimento contrario verso il nuovo atteggiamento che Washington ha deciso di tenere con l’Iran, giudicandolo quasi un tradimento dei rapporti di alleanza e provocando notevoli differenze sulle modalità da tenere nei confronti del terrorismo di natura sunnita. Un fattore sicuramente decisivo è stato quello del progressivo aumento dell’aspetto confessionale, di matrice sunnita, all’interno delle istituzioni politiche di vari paesi ed in modo speciale nei paesi della primavera araba. Ciò ha favorito la radicalizzazione del confronto tutto interno all’islamismo, tra sunniti e sciiti; è all’interno di questo scenario che si colloca il timore di consentire, grazie al mondo occidentale, un vantaggio sostanziale all’Iran tramite il possesso di una tecnologia nucleare, che può consentire in un futuro, anche se non troppo immediato, di arrivare a detenere un ordigno atomico. Il mondo sunnita ritiene di essere di fronte ad uno squilibrio pericoloso per la propria esistenza, che cerca in parte di colmare, con azioni che mirano a sottrarre considerevoli pozioni di influenza all’Iran, ma sempre essendo ben cosciente che ciò si limita ad un contesto di un confronto strategico senza la presenza di armamenti non convenzionali, come la bomba atomica. L’intenzione degli Stati Uniti era di mantenere questa sorta di equilibrio, controllando, insieme ad altri soggetti internazionali, lo sviluppo iraniano, favorendone, nel contempo, il reingresso nella società internazionale, rompendo l’isolamento che si era formato anche a causa della questione nucleare. Il ruolo che Washington aveva pensato per se stessa era di creare un nuovo assetto nel medio oriente per dare all’Iran la giusta importanza e riconoscendone, di fatto, il ruolo di potenza regionale, mantenendo, però, i contatti preferenziali con le monarchie del Golfo. L’iniziativa dell’Arabia Saudita sconvolge ora gli assetti pensati, ma non condivisi dai sunniti, dagli USA e potrebbe pregiudicare gravemente un rapporto, che pare già incrinato. Difficile non immaginare che l’Iran, ora non possa rimettere in discussione tutto l’impianto del negoziato, che dovrebbe concludersi entro la fine di giugno, sentendosi, a sua volta, discriminato dalla eventualità di trovare l’Arabia Saudita entrata in tutta fretta nel club delle potenze atomiche. Ma l’intento di Riyadh, potrebbe essere proprio quella di creare una azione di disturbo alla definizione del trattato, capace di portare, prima la regione nel caos e ,dopo, riportare la questione nucleare a ridiventare emergenza mondiale. D’altro canto l’Arabia Saudita non si è certo distinta per una gestione capace di quelle forze, che ha finanziato, e che credeva di controllare per i suoi scopi strategici e che si sono poi trasformate nello Stato islamico; questo per evidenziare come le mosse di Riyadh siano azzardate e pericolose. Non sfruttare l’uscita dell’isolamento dell’Iran, percepito non solo come avversario religioso e politico, ma anche economico, per creare nuove condizioni di convivenza regionali è un errore che l’Arabia Saudita sta compiendo in maniera troppo evidente, esasperando gli attriti verso il paese iraniano, soprattutto in una fase dove le milizie sciite sono giudicate essenziali nella lotta al califfato, proprio dagli Stati Uniti. Certamente Riyadh godrà dell’appoggio di diversi stati, ma in una panoramica più vasta, rischia un isolamento in un recinto fatto di nazioni sunnite, che non gioverà ad una prospettiva di protagonismo, anche limitato all’area regionale e gravato con un livello sempre più basso dei rapporti con gli Stati Uniti. 

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