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giovedì 28 maggio 2015

L'Unione Europea elabora la distribuzione comune dei migranti in arrivo sul territorio europeo

La Commissione dell'Unione Europea sull'immigrazione, a causa della pressione degli eventi, che hanno provocato le migrazioni di massa verso il vecchio continente, come la guerra siriana e le carestie africane, cerca di affrontare il problema, dopo gli anni di mancato governo della situazione, che ha caratterizzato l’esecutivo di Barroso. Nella Commissione presieduta da Juncker è stato elaborato un piano di redistribuzione dei migranti che riguarda circa 40.000 persone. Di queste 24.000 sono richiedenti asilo in Italia e 16.000 in Grecia. Si tratta di siriani ed eritrei che hanno richiesto asilo politico e non possono essere assorbiti esclusivamente dai paesi di arrivo. La soluzione è stata accolta in modo favorevole dal ministro degli esteri italiano, che, però, si è anche dimostrato cauto sui risultati della trattativa che si aprirà nelle prossime settimane con gli altri stati europei. Per ora è importante rilevare, aldilà di ogni valutazione numerica, che è stata giudicata da alcuni sottodimensionata, mentre da altri valutata in maniera opposta, l’introduzione di una sorta di principio che dovrebbe introdurre il principio della solidarietà tra gli stati dell’unione, circa il problema della divisione dei migranti, evitando che un solo o pochi paesi abbiano in carico l’intero problema. La soluzione è stata giudicata positivamente anche dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, che vede una concreta possibilità in senso umanitario per il futuro delle persone costrette a lasciare il loro paese, per motivi da loro indipendenti. Forte di questo appoggio autorevole, Juncker cerca di fare accettare agli stati più riluttanti questa soluzione. In effetti la sola elaborazione del principio di base non è affatto sufficiente a garantire che la norma sia, poi seguita, da una attuazione effettiva. Il primo ostacolo da superare è di ordine legislativo: quello che occorre è una maggioranza qualificata, ma alcuni paesi hanno già rifiutato la proposta: Gran Bretagna, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca; mentre Francia e Spagna avrebbero messo delle condizioni per accettare, quindi, parte della norma, a causa delle perplessità suscitate da una situazione politica tutt’altro che distesa. L’esecutivo di Juncker può fare affidamento su Italia, Grecia, Malta (questi tre paesi personalmente coinvolti), Slovenia, Austria, che con l’importante avvallo della Germania sono favorevoli in modo compatto alla proposta elaborata, oltre al sostegno sostanziale della maggioranza del parlamento europeo. Secondo i programmi di Bruxelles la normativa che si vuole varare dovrebbe avere carattere continuativo, cioè da attuare in tutte le occasioni in cui si verifichino emergenze dei flussi migratori e, quindi, non temporaneo e legato alla sola situazione attuale. Questa intenzione dell’esecutivo dell’Unione Europea, costituirà un’ulteriore materia di discussione tra i paesi membri, per la resistenza di alcuni a rendere stabile questo meccanismo di gestione dell’immigrazione. A spiccare è la posizione della Francia, che individua nella regolamentazione proposta un sistema troppo rigido perché si basa su quote da distribuire tra i paesi membri: la definizione di quota è rifiutata da Parigi, sia per motivazioni etiche, che pratiche, in quanto, di fatto, potrebbe obbligare gli stati ad accettare una percentuale fissa degli arrivi dei migranti; la misura potrebbe essere percepita, in questo momento dove la sensibilità verso il problema è molto alta ed è condizionata fortemente dai partiti di destra, come un obbligo che arriva dall’alto dell’esecutivo europeo, una sorta di imposizione di difficile gestione per il governo francese. Dal lato pratico, si fa sempre più strada la necessità di monitorare in modo certo le persone in arrivo mediante il rilievo delle impronte digitali, pratica, che secondo diversi stati, non è sempre seguita in Italia e Grecia; con tale metodo si potrà accertare se i migranti trasferiti non lasceranno i paesi di destinazione. Al momento sia Roma, che Atene, sono accusate di permettere ai migranti di abbandonare i paesi di arrivo al di fuori di una politica comune europea; se questo può essere vero, accade proprio perché regole come quella ora pensata della Commissione europea non era ancora presente nell’ordinamento comune. Ma aldilà delle polemiche l’Unione Europea si trova davanti ad una occasione unica, nata da una situazione di necessità, per ritrovare lo spirito europeo delle origini ed abbandonare posizioni di privilegio da parte di alcuni stati, per favorire il dialogo comune, anche in prospettiva di decisioni ancora più difficili, come quella sul progetto di difesa comune, fino ad arrivare alle condizioni per avere l’unità politica.

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