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martedì 12 maggio 2015

L'Unione Europea non deve sottostare ai ricatti del Regno Unito

Se nella campagna elettorale, David Cameron, aveva promesso un referendum previsto per il 2017, per sottoporre ai cittadini del Regno Unito, la loro volontà di restare all’interno dell’Unione Europea, il risultato elettorale sembra accelerare questo intento, anticipandolo di un anno. Il programma di Cameron non è, però, quello di uscire dall’Unione Europea, quanto di restarci alle sue condizioni. Il premier inglese si prefigge, quindi, circa un anno di tempo per trattare con Bruxelles i temi a cui il paese britannico è sembrato essere più sensibile, grazie al consenso che ha concesso al partito conservatore. L’obiettivo è quello di avere una maggiore autonomia dei parlamenti nazionali, rispetto alle decisioni vincolanti del parlamento europeo, una maggiore flessibilità decisionale in materia finanziaria, per gli stati europei, che non sono entrati nell’area della moneta unica ed una politica più restrittiva nei confronti degli immigrati, soprattutto per l’accesso al welfare. Si tratta di una miscela di populismo mischiato con le esigenze della grande finanza e sciovinismo nazionale, il tutto, possibilmente, sempre sotto la protezione di Bruxelles, che assicura i notevoli benefici derivanti dalle opportunità del mercato comune. Un ulteriore ragione per anticipare il quesito referendario sono le date delle elezioni politiche che si svolgeranno in importanti paesi europei nel 2017: anticipando il referendum, Cameron si propone di rinegoziare i trattati europei con gli attuali esecutivi, prevenendo nuove forze al governo, come, ad esempio, l’estrema destra in Francia o i socialisti in Germania. Nello stesso tempo, anticipare il referendum significa anche ridurre il clima di incertezza che si verrà a creare sui mercati finanziari inglesi dal momento in cui si deciderà ufficialmente di dare la parola al popolo per decidere se restare in Europa. Cameron cerca di evitare i rischi più grossi e fare un azzardo calcolato, tuttavia la disponibilità di Bruxelles non sembra corrispondere all’elettorato inglese; per l’Unione Europea la ridiscussione dei trattati non pare essere all’ordine del giorno per non arretrare sui propri punti fermi e favorire altri comportamenti analoghi a quelli di Londra, soprattutto in tempi in cui è necessario uscire dalla crisi e che hanno necessità di equilibrio e stabilità. Se Bruxelles non vuole rinunciare a queste condizioni deve evitare di infilarsi in una trattativa che si annuncia snervante e che può distogliere preziose energie dai processi complicati, che sono necessari per uscire dalla crisi. Nonostante il Regno Unito sia un componente importante per l’Europa, non può sottoporre l’istituzione europea ad uno stress da logoramento con il solo intento di ottenere vantaggi esclusivi per il proprio tornaconto. Una soluzione non praticabile sarebbe quella di rispondere al referendum inglese con uno analogo negli altri paesi dell’Unione Europea, dove il quesito dovrebbe essere se si vuole ancora Londra all’interno dell’Europa, dopo avere spiegato tutti i vantaggi di cui ha goduto il Regno Unito e di cui vuole incrementare la quantità , senza corrispondere il dovuto ed, anzi, attraverso una finanza senza le regole degli altri stati, avvantaggiarsi di una liquidità ottenuta con benefici fiscali incomparabili in quasi tutto il resto dell’Unione Europea. Il punto è se l’Unione Europea abbia bisogno del Regno Unito o se è vero il contrario, malgrado quello che Cameron vuole fare credere a Bruxelles. Certo,  qualche politico che cavalca l’onda del populismo, può accodarsi alle ragioni contro l’immigrazione, ma questo argomento, pur sensibile, non giustifica la presenza di uno stato all’interno di una istituzione sovranazionale, senza aderisca a tutte le regole condivise e,peraltro, già sottoscritte. Sembrerebbe arrivata per Bruxelles l’ora di non subire più questi ricatti ed, anzi, di farne un punto di partenza per assumere finalmente un livello politico più alto. Se il Regno Unito esce dall’Europa può solo rimetterci, se l’Europa resta senza Regno Unito può assorbire il colpo e politicamente uscirne rafforzata, perché privata di un membro portatore di destabilizzazione. L’Unione Europea deve difendere le proprie regole e fare uscire chi non le accetta in modo autonomo e con meccanismi sanzionatori che impediscano ad un solo membro di ridiscutere trattati già sottoscritti e che Cameron si goda il suo trionfo elettorale nel suo splendido isolamento.

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