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mercoledì 6 maggio 2015
Netanyahu in difficoltà per la formazione del nuovo governo israeliano
La decisione di Netanyahu di far cadere l'ultimo governo ed anticipare le elezioni, non era dettata dalla volontà di assicurare al paese una maggiore governabilità, ma di assicurarla ad un suo nuovo esecutivo. Il disaccordo con membri importanti della passata maggioranza, che non individuavano come strategico ed essenziale, percorrere fino alla sua conclusione il progetto dei due stati, aveva provocato dure frizioni nel governo, che avevano provocato una sostanziale immobilità sulla condotta che voleva tenere il capo dell’esecutivo. D’altro canto si trattava di un governo certamente di centro destra, ma molto eterogeneo, con esponenti liberali messi insieme a parti del paese rate di impronta nazionalista e molto concentrate sul problema dei coloni, fattore che ne riduceva di molto la visuale necessaria a risolvere i molti problemi di una nazione sempre più chiusa in se stessa ed alle prese con una rilevante crisi economica. Il risultato elettorale uscito dalle urne della ultima competizione elettorale ha restituito un parlamento molto frammentato, che ha fatto comprendere fin da subito che la tanto ricercata governabilità sarebbe stata molto difficile da raggiungere. Malgrado la vittoria platonica di Netanyahu, che ha visto la propria formazione diventare il maggiore partito, ottenuta con l’attribuzione di 30 seggi, il parlamento israeliano ha visto aumentare i partiti e raggiungere la fatidica quota minima dei 61 seggi, che assicura la maggioranza relativa è diventato più difficile. Non si parla soltanto di assemblare una forza dal punto di vista matematico, quanto da quello politico. Le difficoltà che sta incontrando il premier incaricato raccontano chiaramente come il suo tentativo di ottenere una maggiore governabilità per assicurare lo svolgimento dei suoi programmi è già fallito ancora prima di formare il nuovo governo. Il futuro che si preannuncia per Israele è quello di un paese ancora più bloccato dagli equilibri interni di un esecutivo schiacciato sull’eccessivo nazionalismo. Ancora una volta il paese israeliano probabilmente rimarrà concentrato sul problema di come estendere il proprio territorio, senza risolvere la questione palestinese e neppure quella economica, in un clima di isolamento mondiale, che non potrà che nuocere agli assetti nazionali, condannandolo ad ancora maggiore chiusura. Forti del loro potere contrattuale, nonostante i pochi deputati ottenuti, i partiti ultra nazionalisti e religiosi, rischiano di rovinare fin dall’inizio tutti i piani di Netanyahu, che malgrado la propria impostazione, rischia di vedersi imposta una politica troppo incentrata sui temi nazionalistici e condizionata dai movimenti religiosi. Occorre ricordare che dopo avere ricevuto l’incarico di formare il governo, Netanyahu aveva contraddetto se stesso e quanto detto in campagna elettorale, affermando di volere ottenere la soluzione dei due stati; non si conosce se quanto promesso, era sincero o era ad esclusivo beneficio dell’alleato americano o se costituiva una ennesima tattica politica per calmare l’opinione pubblica mondiale, ma con queste prospettive di aggregazione politica, l’obiettivo dei due stati sembra allontanarsi definitivamente, esponendo il paese a rinnovati contrasti con la Casa Bianca, l’Europa e le Nazioni Unite. Ma ora il problema più urgente è quello di rispettare la scadenza entro la quale presentare il nuovo esecutivo al capo dello stato. Se Netanyahu non riuscisse neppure a raggiungere questo primo livello, il suo fallimento sarebbe enorme, con una grave compromissione sulla sua vita politica futura; l’alternativa per il Presidente israeliano è quella di affidare l’incarico di formare il nuovo governo al capo del partito laburista, Herzog, che si troverebbe comunque di fronte ad una impresa impossibile. Non appare praticabile neppure una soluzione alla tedesca, che preveda un esecutivo di larghe intese, in grado di tagliare fuori le ali estreme: il comportamento di Netanyahu tenuto fino ad ora non sembra potere conciliare la convivenza con altre personalità, che non gradirebbero la supremazia dell’esponente del precedente governo, a meno che non si possa trovare una intesa sul progetto dei due stati. In questo caso si potrebbe verificare la sincerità di quanto detto da Netanyahu.
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