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venerdì 5 giugno 2015
Arabia Saudita ed Israele possibili alleati in un prossimo futuro
Arabia Saudita ed Israele sono due nazioni divise dalla questione palestinese e non intrattengono rapporti diplomatici formali, tuttavia fin dall’inizio delle primavere arabe, che hanno portato alla destabilizzazione della regione e, soprattutto, in concomitanza con la fine dell’isolamento del paese iraniano, nemico comune per differenze di vedute geopolitiche e religiose e per via dell’acquisizione della tecnologia nucleare, che rappresenta una fonte comune di forte preoccupazione, si sono progressivamente avvicinate, prima in modo indiretto ed ora con incontri segreti. Entrambi i paesi, al momento hanno tutto l’interesse per non rendere pubblici gli incontri, al questione palestinese è ancora al centro dei sentimenti delle popolazioni arabe, che considerano il paese israeliano il nemico comune, per cui un rapporto reso pubblico, tra Tel Aviv e Riyadh, potrebbe pregiudicare, a livello di percezione, il ruolo guida dei paesi sunniti che l’Arabia Saudita cerca, sempre di più, di ricoprire. Ma le esigenze convergenti in politica estera stanno avvicinando sempre più i due paesi. Il problema comune principale è costituito dalla questione iraniana: il peso sempre crescente dell’influenza nella regione di Teheran non è gradito in eguale misura dai due stati ed una possibile alleanza, soprattutto in ottica militare, potrebbe essere più vicina di quanto pronosticabile. Israele ha più volte minacciato di bombardare i siti iraniani, per privare il paese della tecnologia in grado di permettergli di arrivare alla bomba nucleare, mentre l’Arabia Saudita, contrapposta all’Iran dalla storica rivalità religiosa, è arrivata a progettare l’acquisto di un ordigno atomico già pronto dal Pakistan, per anticipare Teheran, in vista di un possibile equilibrio del terrore in versione islamica. Un ulteriore aspetto accomuna i due paesi: l’attuale difficile rapporto con gli Stati Uniti, che rappresentano, per entrambi il maggiore alleato. L’intenzione di Obama di portare fuori dall’isolamento l’Iran, per regolamentare il suo accesso alla tecnologia nucleare, seppure per scopi civili, ha prodotto un progressivo allontanamento dall’amministrazione americana da parte di Riyadh e Tel Aviv, che ha prodotto posizioni molto critiche verso Washington, determinando scenari di tensione di difficile gestione in concomitanza con l’emergenza della questione dello Stato islamico. La necessità determinata dall’allontanamento dagli Stati Uniti ha generato la necessità di sviluppare una sorta di diplomazia segreta, che possa aprire la strada per una collaborazione ufficiale; ciò non è al momento possibile per le differenze esistenti accumulate negli anni, ma che le comuni esigenze potrebbero favorire ed accelerare anche in tempi, tutto sommato brevi. In quest’ottica la definizione della questione palestinese, riportata alla ribalta dell’agenda politica israeliana, rappresenta l’ostacolo maggiore, risolto il quale la collaborazione tra i due paesi non avrebbe difficoltà a concretizzarsi in maniera ufficiale. Potrebbe così spiegarsi, con motivazioni di ordine internazionale, ma non mondiale, bensì funzionale agli assetti regionali, il cambiamento repentino di posizione di Benjamin Netanyahu, che in campagna elettorale scartava la soluzione dei due stati, per poi riproporla una volta eletto. La creazione dello Stato di Palestina, potrebbe fare cadere diverse pregiudiziali dai paesi arabi verso Israele ed aprire ad alleanze, accettate anche dalla società civile sunnita, in chiave anti iraniana. Un ulteriore aspetto, da non trascurare, è la sintonia che unisce Tel Aviv e Riyadh nell’avversione dei movimenti quali i Fratelli Musulmani e la vicinanza con il governo militare egiziano. Infine sulla questione siriana, Netanyahu non ha mai nascosto che la convivenza tacita con Assad garantiva ad Israele una certa tranquillità sul confine dei due paesi, tuttavia la possibile eliminazione dal paese siriano del movimento Hezbollah e la fuoriuscita di Damasco dall’orbita di influenza iraniana, anche a favore di un governo sunnita moderato, come sostenuto dall’Arabia Saudita, rappresenta una ulteriore convergenza non da poco per una evoluzione positiva dei rapporti tra i due paesi.
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