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mercoledì 3 giugno 2015
Assad accusato di bombardare i ribelli moderati e favorire il califfato
Gli USA accusano Assad di bombardare le forze ribelli, formate da laici ed islamici moderati, e rafforzare così le posizioni dello Stato islamico in Siria. Gli stessi ribelli non inquadrati nelle fila del califfato, hanno denunciato di avere subito dei bombardamenti dall’aviazione di Damasco, mentre la stessa sorte non sarebbe toccata agli uomini dello Stato islamico. La strategia di Assad sarebbe quella di eliminare l’opposizione democratica e presentarsi come unica alternativa al califfato: ciò permetterebbe al dittatore di Damasco di rafforzare la propria posizione internazionale e, nel contempo, levare dalla scena della guerra civile il soggetto preferito da Washington per una eventuale transizione di potere. Questa manovra conviene, però, anche allo Stato islamico, perché gli permette di presentarsi come l’unica alternativa alla dittatura di Damasco. Le due parti hanno quindi un obiettivo comune da sconfiggere, seppure per motivi differenti, per poi affrontarsi per la vittoria finale. La strategia elaborata da Assad rappresenta un gioco d’azzardo pericoloso, ma rientra nella psicologia del personaggio, abituato a calcoli politici imprevedibili. Sembra chiaro che il dittatore abbia elaborato un piano dove l’obiettivo principale è quello di risultare, lui solo, indispensabile, anche per l’occidente, per sconfiggere il califfato; senza più una opposizione democratica, Assad diventerebbe essenziale per determinare la sconfitta dello Stato islamico ed insieme mantenere il potere nel paese siriano. Il primo passo è quello di facilitare le formazioni militari del califfato nella lotta ai gruppi ribelli laici, che si sono rivelati molto spesso un avversario temibile; indebolendone la capacità militare Assad spera che le milizie integraliste possano sconfiggerle, non solo sul piano militare ma anche annientandone la capacità politica, che costituisce il principale motivo di aggregazione contro Damasco. Questo è interesse anche delle truppe dello Stato islamico, che eliminano un avversario in grado di risvegliare le coscienze della popolazione per ribellarsi ai metodi integralisti del califfato. In questo calcolo politico militare vi è, però, un evidente punto debole: in caso di vittoria dello Stato islamico, già molto vicino a Damasco, la sorte di Assad sarebbe segnata, mentre con una vittoria dell’opposizione democratica la transizione del potere potrebbe essere concordata, anche attraverso la supervisione di altri paesi. Di fronte a questa strategia appare necessario fornire ogni possibile aiuto alle forze ribelli che rischiano di essere schiacciate da due nemici, decisi a fare fronte comune contro di loro. L’atteggiamento di Washington è stato finora troppo timido, nei confronti di queste forze, che possono rappresentare una alternativa al regime di Assad e, nello stesso tempo, fronteggiare il califfato. Occorre accrescere l’appoggio internazionale sia dal lato diplomatico, che da quello della fornitura delle armi e delle attrezzature necessarie; per bilanciare l’appoggio indiretto , che l’aviazione di Assad fornisce al califfato, sono necessari raid sul territorio siriano dell’aviazione alleata che combatte lo Stato islamico. La situazione ideale sarebbe eliminare il califfato dal paese siriano ed arrivare ad un confronto tra le forze della dittatura e quelle dei ribelli democratici: in questo caso Assad dovrebbe rinunciare al suo ruolo di barriera contro l’estremismo religioso; viceversa gli scenari che si aprono non permetterebbero alcuna via d’uscita democratica per la Siria. Per l’occidente questo è il momento di agire a favore dei ribelli moderati e scompaginare la strategia di Assad.
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