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lunedì 8 giugno 2015
Elezioni in Turchia: il partito di Erdogan arretra nei consensi
Vittoria, ma con diminuzione del consenso per il Partito Giustizia e Sviluppo islamico in Turchia. La formazione di Erdogan rimane il primo partito del paese con il 40,8% dei consensi, ma a questo dato corrispondono 255 parlamentari, ben lontani dalla quota di 330, che avrebbe determinato la maggioranza assoluta. Conquistare la maggioranza assoluta, pari al 60% dei consensi, era l’obiettivo del Partito del presidente turco, attraverso il quale il gruppo politico avrebbe potuto chiedere un referendum sull’approvazione di un emendamento che ampliava il potere della figura monocratica del Presidente della repubblica turca, con il chiaro intento di trasformare il sistema di governo in presidenzialismo. Questo progetto era partito da lontano, con la progressiva perdita della componente laica del partito divenuto formazione confessionale e l’influenza sui cambiamenti sociali imposti al paese. La Turchia di Erdogan voleva accreditarsi come una guida nel mondo musulmano, in ragione della sua forza economica ed anche della sua forza militare. L’obiettivo geopolitico e strategico era ricalcare l’influenza internazionale dell’impero ottomano in chiave moderna. Per perseguire questo obiettivo la forma parlamentare non era giudicato uno strumento adatto. Soltanto il presidenzialismo avrebbe potuto evitare quei contrappesi propri dei sistemi parlamentari, che impedivano prese di posizione troppo personalistiche. Erdogan si era avvicinato a questo obiettivo preferendo la carica di Presidente della Repubblica, figura che doveva essere al di sopra delle parti, a quella di capo del governo, interpretando il suo ruolo in maniera anomala, perché troppo schierata. Anche in campagna elettorale, benché la legge lo vietasse espressamente, Erdogan è intervenuto in maniera ufficiale ma di parte. Nonostante la sconfitta il partito di Erdogan dimostra, comunque, un buon radicamento nella società turca, che, nella sua maggioranza, appoggia la formazione presidenziale. Tuttavia questo programma deve ora essere accantonato e l’altro dato rilevante dei risultati elettorali, costituisce un motivo di ulteriore sconfitta politica per Erdogan, perché per la prima volta entra nel parlamento di Ankara un Partito pro curdo, il Partito popolare democratico, appoggiato anche da esponenti della sinistra del paese. Il risultato è rilevante perché conseguito con il 12,9 % dei consensi, valore che ha permesso di superare l’elevata soglia di sbarramento del 10%. La frammentazione del voto, che ha dato il 25,1% ai socialdemocratici ed il 16,4 % al Partito di Azione nazionale, non consente un governo alternativo alla formazione di Erdogan, per disaccordi tra le altre formazioni. Un dato rilevante è la buona percentuale di affluenza alle urne che ha toccato il valore dell’86,3%. Se i piani di Erdogan sono stati bloccati, il mantenimento della maggioranza del suo partito non favorisce comunque un atteggiamento positivo da parte di Bruxelles per un possibile ingresso della Turchia nell’Unione Europea. Sembra, infatti, poco probabile, che restando invariato il potere, il paese turco possa raggiungere gli standard di applicazione dei diritti sociali e civili richiesti dall’Europa. Resta da vedere come Erdogan saprà gestire la nuova e totalmente inaspettata situazione; se il risentimento avrà la meglio, risulta facile prevedere nuovi disordini per la democrazia nel paese.
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