Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

lunedì 27 luglio 2015

La questione curda, fattore essenziale nella lotta allo Stato islamico

L'assenso che gli Stati Uniti, avrebbero dato ad Ankara per bombardare le postazioni del Partito Curdo dei Lavoratori, in cambio dell’uso delle basi aeree presenti nel paese turco, rischia di essere una delle peggiori decisioni in campo strategico di Washington. L’ingresso della Turchia nella lotta allo Stato islamico, dopo l’atteggiamento ambiguo tenuto fino ad ora, sembrava segnare un punto importante per gli USA, arrivato dopo l’attentato degli integralisti islamici in territorio turco e dopo le pressioni che l’Alleanza Atlantica aveva fatto sull’unico alleato musulmano. La vicinanza geografica delle infrastrutture di Ankara, con il territorio occupato dal califfato è sempre stata ritenuta importante dal punto di vista tattico, per condurre attacchi aerei più efficaci contro le postazioni dello Stato islamico. Tuttavia, anche se minacciata da questa vicinanza, la Turchia aveva mantenuto un atteggiamento irritante per gli Stati Uniti, preferendo permettere il transito attraverso le sue frontiere dei combattenti stranieri che andavano ad ingrossare l’esercito del califfato. La ragione di questo atteggiamento era esclusivamente in funzione anti curda, per il convincimento turco, che la guerra contro lo Stato islamico rappresentava una occasione di visibilità troppo rilevante per la causa curda, che poteva sfociare nell’aumento delle rivendicazioni indipendentiste. Così per equilibrare una situazione che poteva dare un vantaggio alle milizie curde, i bombardamenti contro lo Stato islamico, sono stati bilanciati da azioni aeree contro le postazioni del Partito dei Lavoratori del Kurdistan. L’impressione è che la Turchia abbia voluto regolare una situazione che considerava di pericolo alle sue frontiere, che ha incontrato il favore degli Stati Uniti, facendo rientrare nell’economia di questa azione anche la repressione contro i curdi, considerati gli avversari interni più pericolosi. Ritorna così alla ribalta la questione curda all’interno del paese turco e preoccupa la diplomazia mondiale, che ha caldeggiato una soluzione, senza ottenere alcuna risposta da Ankara. La questione più importante è però se la scelta di assecondare i voleri turchi può danneggiare gli Stati Uniti e lo stesso destino della guerra conto lo Stato islamico. Obama ha scelto finora di non impegnarsi sul terreno con gli effettivi americani, lavoro svolto, per la maggior parte proprio dalle milizie curde e dagli iraniani; l’impegno sul terreno è considerato molto più importante delle azioni aeree, sia per le indicazioni che forniscono all’aviazione, tramite l’individuazione e la segnalazione degli obiettivi, sia per il presidio del territorio, contro una forza, quella del califfato, che ha fatto delle azioni di terra il suo punto forte per conquistare tutto il territorio fin qui sottratto a Siria ed Iraq. Il ruolo dei curdi è stato, quindi, fino ad ora essenziale e per gli sviluppi futuri del conflitto sembra irrinunciabile. I curdi combattono nella speranza di vedere realizzato il loro stato, come ha già specificato il leader della zona curda irakena e sono stati, fino dalla guerra contro Saddam, un alleato storico degli Stati Uniti. Se è vero che l’universo curdo è comunque frazionato in diversi movimenti, permettere un attacco contro una sua parte, potrebbe generare delle reazioni piuttosto significative nei confronti di Washington. Del resto gli USA non si sono mai detti formalmente favorevoli alla creazione di uno stato curdo, preferendo suggerire soluzioni di larga autonomia amministrativa, ma pur sempre all’interno degli stati originari. Il corso del conflitto medio orientale, però, suggerisce la possibilità di nuovi assetti territoriali, che potrebbero scaturire dalle divisioni di Siria ed Iraq, in maniera da favorire le già presenti autonomie curde in uno sviluppo in entità statali. Geograficamente la zona del Kurdistan è situata nella parte dove si trovano i confini di Siria, Turchia, Iraq ed Iran. Al momento le autonomie di cui godono i curdi in Siria ed Iraq possono fare presagire una unione delle zone curde che si trovano in questi due paesi, al contrario sembra impossibile che l’Iran possa cedere il territorio curdo sotto la sua sovranità e così la Turchia, che però teme questa evoluzione, avendo paura di un possibile contagio del desiderio di indipendenza all’interno dei suoi confini. Del resto Ankara si è sempre detta contraria alla formazione di uno stato curdo indipendente. Se i curdi irakeni sono quelli più vicini a staccarsi da Bagdad, ultimamente questa possibilità è aumentata anche per quelli siriani: più di un analista ha intravisto come soluzione alla guerra siriana la divisione in tre parti del paese, quella sciita con Assad con buone possibilità di mantenere il comando, una parte sunnita ed infine proprio una curda. D’altro canto recentemente si è aperta una collaborazione ufficiosa tra Damasco ed i curdi, proprio in funzione anti califfato. Tutti questi elementi concorrono a giustificare, seconda la visione di Ankara, i timori turchi. Resta un fatto oggettivo che agli Stati Uniti la collaborazione curda è essenziale, ed avere sacrificato la parte turca potrebbe avere conseguenze molto negative. Questo errore può essere solo bilanciato da grandi aperture politiche verso le ambizioni statali dei curdi siriani ed irakeni, sostenute da robuste forniture militari, che possano mitigare le reazioni per il consenso all’azione di Ankara. Ancora una volta la diplomazia americana tenta un avventato equilibrismo, che potrebbe generare una caduta molto pericolosa, tanto da compromettere l’esito della guerra contro lo Stato islamico. Washington deve ora bilanciare assolutamente la concessione fatta alla Turchia, con una decisione di pari peso politico in favore dei curdi, per non alienarsi la tanto importante alleanza, che consente di avere combattenti sul terreno senza coinvolgere soldati americani.

Nessun commento:

Posta un commento