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martedì 25 agosto 2015
Le due Coree raggiungono un accordo dopo la tensione militare dei giorni scorsi
Si allenta la tensione tra le due Coree, che sono giunte ad un accordo che sembra potere raffreddare una situazione altamente pericolosa, iniziata nei primi giorni di agosto, a causa del ferimento di due soldati sudcoreani, per l’esplosione di un ordigno, che secondo Seul era stato collocato da Pyongyang. La risposta della Corea del Sud era stata quella di attivare la guerra psicologica mediante la propaganda effettuata con gli altoparlanti posti lungo la linea di confine. Questo fatto, sempre fonte di grande irritazione per Pyongyang, aveva provocato una risposta militare, culminata con colpi di artiglieria sparati dal Nord verso il Sud, ai quali Seul aveva risposto. Il rischio di una escalation militare del confronto era diventato più concreto quando le forze della Corea del Nord avevano mobilitato il doppio delle truppe solitamente impiegate lungo il confine ed aveva messo in azione 50 sommergibili nucleari. Un conflitto del genere avrebbe coinvolto attori esterni, primi tra tutti gli Stati Uniti, tradizionali alleati di Seul, con i quali la Corea del Sud tiene esercitazioni militari periodiche, ed avrebbe messo in pericolo gli equilibri della zona, anche attraverso un probabile fermo dei traffici marittimi. Pyongyang, questa volta, non ha minacciato l’uso dell’arma atomica, ma il pericolo è sempre ben presente quando la Corea del Nord entra in stato di allerta. La situazione è stata seguita con trepidazione da tutto il mondo ed in particolare anche dalla Cina, che, in questa fase travagliata della propria finanza, non avrebbe gradito l’avvio di un confronto militare che avrebbe coinvolto un paese limitrofo e con il quale è l’unica nazione ad intrattenere rapporti formali, spesso definiti di alleanza, anche se lo svolgimento dei rapporti tra i due stati non sembra essere caratterizzato dai parametri classici di rapporto privilegiato in senso diplomatico. La Corea del Nord è arrivata ha dichiarare, nelle fasi più concitate della crisi, lo stato di semi guerra, usando un neologismo per definire la situazione di mobilitazione del paese, molto vicino alla condizione di impegno bellico totale. Questa dichiarazione di Pyongyang, secondo molti analisti equivaleva ad uno scalino immediatamente precedente alla dichiarazione di guerra formale, anche, se per altri osservatori, costituiva, invece, una minaccia per spaventare Seul. Questa seconda ipotesi, d’altro canto, rientra nel modo di agire consueto di Kim Jong-Un, anche se ogni sottovalutazione di un dittatore che possiede la bomba atomica resta, comunque, sconsigliata. Il conflitto, in ogni caso, non sarebbe stato conveniente per alcuna delle due parti, che dopo circa quarantatre ore di incontri, sono riuscite ad arrivare ad una definizione pacifica della situazione. Uno dei punti più importanti raggiunti, consiste nella volontà di tenere riunioni periodiche per migliorare i rapporti bilaterali e portare avanti negoziati di collaborazione in diversi settori, tra i quali quello economico e cercare una soluzione per riunire le famiglie divise nei due stati. Per arrivare a questa soluzione la Corea del Nord ha chiesto scusa ed espresso rammarico per il ferimento dei due soldati sudcoreani, mentre Seul ha interrotto la guerra psicologica. La crisi, insomma, pare avviarsi verso una soluzione positiva, sviluppando anche nuove possibilità di dialogo, che, tuttavia, non devono troppo illudere su di un possibile cambio di rotta della dittatura di Pyongyang.
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