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martedì 29 settembre 2015

La strategia italiana per la Siria

La posizione italiana, relativamente alla Siria, sembra iniziare a delinearsi. Il governo di Roma vede positivamente una collaborazione tra Russia, Iran ed Egitto, che possa perseguire entrambi gli obiettivi della fine del conflitto siriano, congiunto a quello della sconfitta dello Stato islamico. L’Italia è direttamente interessata alla definizione del conflitto siriano, per fermare l’esodo dei profughi causati dalla guerra, dei quali, gran parte sono andati ad alimentare il traffico degli esseri umani attraverso le rotte libiche e da li fino sulle coste italiane. Più complessa appare la fiducia che Roma ripone in una collaborazione tra Mosca, Teheran ed Il Cairo; il calcolo sembra ardito, ma ha una sua logica che si esplica su più piani. Il primo è quello di creare una sorta di equilibrio nelle forze che possono gestire il futuro della Siria, infatti, da una parte, se Russia ed Iran mirano a mantenere lo status quo, cioè la presenza di Assad al potere, anche in maniera attenuata rispetto alla situazione precedente al conflitto, l’Egitto è una potenza sunnita, che potrebbe bilanciare le aspettative degli  oppositori del despota di Damasco, inoltre il regime militare egiziano offre una adeguata garanzia contro l’estremismo islamico che governa il califfato, avendo dato prova di grande avversione a movimenti come i Fratelli musulmani, ben più moderati dello Stato islamico. Il Cairo non è sospettato neppure di avere finanziato le forze integraliste, come accade per Turchia ed Arabia Saudita e per tutte queste ragioni è quindi ritenuto da Roma un interlocutore affidabile, sia nella lotta al terrorismo, che nella risoluzione della questione siriana. Più difficile spiegare l’avvicinamento a Mosca, nonostante anche per Washington si sia preso atto che la Russia può giocare un ruolo fondamentale contro la presenza dello Stato islamico in Siria. L’atteggiamento degli Stati Uniti è ancora molto dubbio in merito alle reali intenzioni di Putin, che cercherebbe di allontanare la questione ucraina dall’attenzione mondiale con il suo impegno siriano; tuttavia è incontestabile che uno schieramento russo direttamente sul campo potrebbe significare un deciso arretramento delle forze del califfato, dopo che gli USA hanno praticamente fallito con i piani di addestramento ed armamento degli oppositori laici, che si sono rivelati inadatti al combattimento e di entità numerica scarsa. Appurato che il presidio del territorio è decisivo, come nelle guerre del secolo scorso, la necessità di contingenti di terra, in aiuto ai curdi, può essere assicurata da tuppe scelte di Mosca, da effettivi iraniani e da soldati egiziani. Su questo punto l’Italia preferisce non esprimere opinioni dirette, avendo improntato la propria azione ad una direzione essenzialmente diplomatica, ma, resta implicito, che il gradimento alla soluzione prospettata non può non comprendere l’uso della forza in combattimenti di terra, che, quando avverrà, rappresenterà uno sviluppo del conflitto in senso internazionale in maniera definita. Un ulteriore punto di analisi della tendenza italiana riguarda l’aspetto economico che contribuisce a favorire questa soluzione. Per Roma le sanzioni a Mosca hanno significato una riduzione significativa delle proprie esportazioni e tentare di cercare una modalità, che può essere utile anche agli USA, per fare riammettere la Russia nel consesso internazionale rappresenta il duplice vantaggio di un ritorno economico ed il raggiungimento di una posizione considerevole dal punto di vista diplomatico, anche in ottica dell’ambizione di Roma di ottenere un seggio provvisiorio nelle Nazioni Unite, obiettivo che si vuole raggiungere anche attraverso un maggiore impegno nelle forze di pace impegnate nei punti caldi del pianeta. Altrettanti interessi economici sono molto importanti nelle relazioni con Iran ed Egitto. Si tratta di due stati che hanno obiettivi similari, per quanto riguarda l’accesso alla scena diplomatica, trattandosi di stati governati da regimi non democratici, che hanno la necessità di rompere l’isolamento. L’attuale fase storica, dominata dal pericolo del terrorismo sunnita, può favorire l’apporto che queste due nazioni possono dare contro il califfato, che è la più pericolosa organizzazione  presente sulla scena, se adeguatamente presentate da un membro del consesso internazionale, come l’Italia, al di sopra di ogni sospetto della ricerca di un ruolo di protagonista di primo piano; anzi il fatto di essere una media potenza può favorire il ruolo che Roma vuole darsi. Certamente anche in questo caso l’aspetto economico connesso non è secondario, la presenza italiana nei due paesi è destinata a crescere in modo esponenziale ed i legami economici possono favorire quelli diplomatici in modo da consolidare la posizione italiana come quella di interlocutore nella veste di mediatore tra queste nazioni e le grandi potenze. Forse sarà più complicato giocare questa strategia all’interno dell’Alleanza Atlantica, dove la visione americana è quella principale ed è ancora di cautela verso la Russia e l’Iran e mantiene molte riserve verso il regime egiziano, nonostante i legami con Il Cairo siano rimasti molto solidi. Roma dovrà assicurare Washington che il suo comportamento non sarà in contrasto con le intenzioni della Casa Bianca, ma dovrà accreditare la propria posizione di potenziale facilitatrice del superamento dei contrasti con il Cremlino, che rappresenta l’ostacolo maggiore nella soluzione della crisi siriana per uno scenario senza Assad.

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