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mercoledì 18 novembre 2015

La Francia chiede aiuto all'Unione Europea ma non all'Alleanza Atlantica

Il presidente francese Hollande ha deciso di appellarsi al trattato di Lisbona, che impegna i paesi membri dell’Unione Europea a fornire aiuto al paese aderente al trattato, che subisca una aggressione armata all’interno del proprio territorio. Questo dispositivo viene inteso come un obbligo e deve essere attuato a livello bilaterale, per cui Parigi dovrà conttattare gli altri paesi. Tuttavia l’Unione Europea si è detta disponibile nel coordinamento di contributi che la Francia dovrà ricevere. I membri di Bruxelles hanno dato il loro appoggio unanime alla richiesta francese, che costituisce il primo caso di applicazione della clausola del trattato di Lisbona fino ad ora richiesto.  Per la Francia si tratta di una collaborazione più volte cercata senza troppo successo, presso i partners europei; l’impegno diretto di Parigi nella lotta contro l’estremismo islamico è presente nel Mali, nella Repubblica Centrafricana, in Siria ed in Iraq, ed è stato spesso fonte di discordia con gli altri membri dell’Unione Europea, accusati dall’Eliseo di scarso impegno. Con questa manovra la Francia intende richiamare parte dei propri effettivi impegnati all’esterno sul suolo nazionale per operazioni di prevenzione e di controllo nei confronti del terrorismo. Deve essere però specificato che il paese francese, ad una legittima rivendicazione della lotta al terrorismo, ha spesso accostato la tutela dei propri interessi nei paesi esteri, specialmente nel settore energetico; mentre una possibile presa di distanza dalle modalità francesi di condurre le azioni militari, risiede nella pessima modalità con cui è stata gestita la questione libica, dove è stato solamente eliminato il dittatore Gheddafi, senza pensare in alcun modo al futuro del paese, che, infatti, è caduto nella più completa anarchia. Aldilà dell’appoggio fornito formalmente alla francia dai paesi europei, molti rappresentanti dei governi hanno sottolineato che questo aiuto dovrà avvenire secondo le relative possibilità di ogni singolo paese: questo può volere significare che, passato l’iniziale sostegno, le modalità di sostegno dovranno passare attraverso una difficile negoziazione, che potrebbe anche sfociare in un fallimento. Viceversa da questa occasione si potrebbero avviare le modalità per la costruzione di una forza militare europea integrata o, ancora meglio, dipendente direttamente da Bruxelles, sempre che l’Europa assicuri le dovute coperture di tipo politico. In ogni caso la necessità di una forza militare transnazionale tra i paesi europei sta assumendo una necessità sempre più pressante, ma non è chiaro se questo sia nelle intenzioni della Francia, che ha sempre optato per una gestione più autonoma nel campo militare. A questo riguardo è interessante interrogarsi sul perchè Parigi si sia appellata al trattato in vigore con l’Unione Europea, che non dispone di una propria forza immediatamente in grado di mobilitarsi, ma, anzi, ne è molto lontana, anziché non invocare l’articolo 5 dell’Alleanza Atlantica, che considera un attacco contro uno dei suoi membri, come un attacco all’alleanza nel suo complesso. Ciò avrebbe permesso di mobilitare una struttura efficiente e già rodata, ma che implicava una catena di comando a cui Parigi avrebbe dovuto assoggettarsi. Questo dubbio è confermato dalla collaborazione che la Francia ha subito instaurato con la Russia, per effettuare i bombardamenti contro le postazioni dello Stato islamico. Come è risaputo gli Stati Uniti, azionista di maggioranza dell’Alleanza Atlantica, guardano ancora con sospetto alle reali ragioni di Putin per l’impegno del Cremlino in Siria. L’aviazione russa, fino ad ora, ha colpito il califfato, ma in misura maggiore le postazioni delle forze siriane che si oppongono ad Assad. In questa ottica, una ipotetica richiesta francese di aiuto all’Alleanza Atlantica, avrebbe ridotto il margine di manovra di Parigi. Ciò costituisce un elemento di analisi molto importante su cui riflettere, circa la volontà reale di collaborazione tra i paesi che combattono lo Stato islamico e che può favorire il califfato, giacché appare evidente come si continuia procedere in ordine sparso, senza una reale unità di intenti, che potrebbe accelerare la vittoria sull’estremismo islamico, ma, che implica, ancora troppe rinunce sugli interessi particolari delle singole potenze.

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