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venerdì 6 novembre 2015

L'attentato all'aereo russo apre il fronte del Sinai come emergenza internazionale

Se, come appare sempre più probabile, l'aereo russo è stato vittima di un attacco terroristico, occorre fare alcune considerazioni e riflessioni sulle modalità dell’attentato. Dopo la caduta dell’aereo, le autorità russe e quelle egiziane hanno immediatamente parlato di avaria tecnica, praticamente senza svolgere controlli, e le ragioni sono comprensibili: entrambi i paesi, sia pure per ragioni diverse, avevano tutti i motivi per non accreditare un atto di terrorismo. Per Mosca è importante tenere a bada la paura delle ritorsioni terroristiche, che possono derivare dall’impegno nella guerra siriana, contro lo Stato Islamico; per Il Cairo un attentato compiuto nell’unica zona che, attualmente, rappresenta una fonte sicura di reddito per una economia in difficoltà, come quella egiziana, significa una decurtazione sicura delle entrate. La rivendicazione dello Stato islamico, che asseriva di avere abbattuto l’aereo con un missile, non era parsa credibile, per i legittimi dubbi che il califfato potesse disporre di armi del genere. Nonostante questi dubbi il solo rivendicare l’attentato aveva focalizzato l’attenzione degli analisti su di una eventualità che era ritenuta fortemente probabile con l’entrata in guerra della Russia. Se l’ipotesi della bomba a bordo sarà confermata, diventerà impossibile smentire l’attentato terroristico, tuttavia appare molto improbabile che lo Stato islamico ne sia stato l’autore. La rivendicazione, infatti, parla di missile, come strumento usato per fare cadere l’aereo e non di bomba, quindi è stata fatta soltanto ad uso propagandistico, senza sapere i reali mezzi usati per causare la distruzione dell’aereo e la morte di tutti i suoi occupanti. Una ipotesi potrebbe essere che gli autori della strage siano degli elementi che condividono l’ideologia del fondamentalismo islamico, ma che non appartengono ad alcuna organizzazione, tuttavia la conoscenza tecnica che richiede l’organizzazione dell’attentato fa presumere che non si tratti di elementi totalmente slegati dagli ambienti del terrorismo islamico. In questa ottica sembra non essere casuale il luogo dove è avvenuto l’attentato: la penisola del Sinai. In questo luogo si svolge la battaglia cruciale per lo stato egiziano contro i gruppi islamisti, che costituiscono il nucleo più importante della rivolta contro il regime di Al-Sisi. Dopo l’epurazione della fratellanza musulmana il centro della rivolta contro il nuovo governo egiziano si è spostato nel Sinai, dove si può sfruttare la conformazione del terreno per nascondersi e la vicinanza con la striscia di Gaza, ritenuta un serbatoio ideale per il reclutamento islamista. In questa zona, grazie alla saldatura tra ribelli egiziani e la presenza di esponenti dello Stato islamico sarebbe stata creata una base del califfato. Ma l’avversione all’intervento russo potrebbe fare pensare anche ad una matrice dell’attentato proveniente da Al Qaeda, dopo il quale si sono notati segnali di riavvicinamento tra le due maggiori organizzazioni del terrorismo islamico, nel nome di una comune lotta non più solo contro gli Stati Uniti, ma, ora, anche contro la Russia. Una ulteriore ipotesi, non slegata necessariamente da quelle precedenti, individuerebbe la causa dell’attentato in una ritorsione contro le tribù beduine che appoggiano il governo nel territorio del Sinai, per garantirsi la sicurezza dell’industria turistica, in cui sono occupati. In ogni caso, a parte la tragedia delle vittime russe, l’attentato pare colpire in maniera maggiore il paese egiziano, proprio in virtù delle dinamiche interne, che hanno l’epicentro nel Sinai e segnala una pericolosa concentrazione potenziale di fattori di destabilizzazione, che può andare oltre i confini del paese. Questa eventualità potrebbe aprire un nuovo fronte di conflitto internazionale, anche per la presenza del confine israeliano. Si tratta di uno scenario tutt’altro che remoto, perchè il terrorismo presente nel Sinai ha dimostrato di potere colpire sempre più spesso obiettivi egiziani, ed il fatto che le forze armate del paese, tra le più equipaggiate tra i paesi arabi, non siano riuscite ad avere ancora ragione dei movimenti terroristici pone seri interrogativi sulle capacità di allargare il conflitto nella confinante Giordania, alleata degli USA nella lotta contro lo Stato islamico o indirettamente verso paesi più lontani, ma ugualmente più coinvolti, come la Russia, attraverso attentati. Il Sinai, quindi, assume una importanza strategica nel quadro più generale dei conflitti mediorientali, sul quale le grandi potenze, come USA e Russia, dovranno trovare un punto comune.

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