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lunedì 9 novembre 2015
Netanyahu e Obama si incontrano per la prima volta dopo la firma sul trattato del nucleare iraniano
La visita negli Stati Uniti di Netanyahu sembra avere il solo scopo di recuperare qualche posizione nei confronti dell’amministrazione di Washington, che vede il governo di Tel Aviv sempre più lontano dall’obiettivo della creazione dei due stati e, di conseguneza, di portare un notevole contributo alla pace della regione. Il leader israeliano, più che mosso da reali e convinti propositi di riallacciare i rapporti con Obama, sembra muoversi per una oggettiva difficoltà internazionale in cui si infilato da solo, con la politica dell’espansione dei territori. Israele al momento è circondato dal mondo occidentale da una freddezza forse mai registrata nei suoi confronti. Tel Aviv suscita la percezione di non volersi impegnare nel processo di pace, evitando ogni trattativa con espedienti sempre più riconoscibili e perseguendo soltanto la politica dell’espansione territoriale nei territori palestinesi, praticata senza alcun rispetto di accordi internazionali preesistenti ed in dispregio della più ovvia opportunità politica. Rimane significativo come l’Unione Europea intenda boicottare i prodotti israeliani provenienti dai territori occupati, un chiaro segnale cheil governo israeliano non ha voluto capire in modo completo. Anche nei confronti dell’attuale amministrazione americana sono stati commessi errori, ancora più evidenti, nell’ambito della qualità dei rapporti, che devono intercorrere tra le persone che occupano cariche di governo tra nazioni profondamente legate. Netanyahu, mostrando apertamente il suo gradimento verso i repubblicani, ha incrinato ancora di più i rapporti con l’amministrazione democratica, dando prova di scarsa lungimiranza politica ed, in ultima analisi, dell’assoluto segnale di non essere adatto al ruolo che ricopre. Tuttavia, questo viaggio che il capo del governo israeliano non deve certo compiere volentieri, sembra un segno tangibile dell’obbligo a cui il governo israeliano sembra obbligato a compiere. L’alleanza tra Washington e Tel Aviv, malgrado tutto, deve restare molto forte, per esigenze profonde di entrambi gli stati, ma, che, per Israele, coincidono addirittura con la propria sopravvivenza. Appare significativo che questo sia il primo incontro posteriore alla firma dl trattato per il nucleare iraniano, a lungo osteggiato da Israele, che in passato ha più volte minacciato di procedere da solo alla soluzione armata contro Teheran. Pur giudicando sempre in maniera negativa la soluzione trovata con la trattativa internazionale, che permette di evitare la proliferazione militare atomica in Iran, Israele deve accettare la definizione del negoziato, ormai diventato effettivo, malgrado lo stesso ostruzionismo tentato da Tel Aviv affiancando i repubblicani nella massima sede parlamentare americana ed operando una ingerenza nella politica interna statunitense. L’incontro tra i due leader dovrebbe servire a riparare, almeno in parte questo episodio, che viene considerato ancora dalla Casa Bianca un vero e proprio affronto. Una sorta di riconciliazione è necessaria perchè la collaborazione tra i due stati all’interno di uno scenario di un medio oriente particolarmente soggetto a gravi turbolenze, rimane imprescindibile, anche se viziata dai pessimi rapporti tra i due governi. Inoltre l’accordo sulla difesa stabilito tra i due paesi è in scadenza e dovrà essere essere sostituito da quello che entrerà in vigore nel 2017, all’interno del quale non sono ancora stati definite le forniture dei quantitativi di aerei da combattimento e di elicotteri destinati allo stato israeliano. Proprio relativamente a questo punto è apparsa strumentale la dichiarazione di Netanyahu di rilanciare il processo di pace con i palestinesi; sulla reale volontà di questo proposito si nutrono parecchi dubbi, come sottolineato dallo stesso Obama, sembra, infatti, trattarsi, sull’esperienza del passato, della ripetizione delle vane promesse fatte dal leader israeliano per guadagnare tempo alla propria causa: che sia aumentare gli insediamenti o cercare di dare una patina di credibilità alla volontà di recuperare i rapporti con il presidente americano.
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