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Politica Internazionale
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lunedì 7 dicembre 2015
L'inutile esibizione militare turca in Iraq
La mossa turca di aver inviato un contingente di un numero imprecisato, si parla anche di 3.000 unità, in territorio irakeno, rappresenta un motivo di incremento dell a preoccupazione per la prosecuzione del conflitto ed i suoi relativi sviluppi, non solo militari, ma sopratutto politici. Formalmente l’iniziativa turca si svolge su territorio straniero, di uno stato sovrano, che non ha fornito il benestare all’ingresso di truppe straniere, quindi Ankara sta violando il diritto internazionale, ne più, ne meno della Russia, come quando Mosca ha attuato l’invasione della Crimea e nelle operazioni effettuate nell’Ucraina orientale. L’episodio concorrerà senz’altro ad aumentare la confusione nel campo dell’alleanza contro lo Stato islamico e potrà anche generare nuove contrapposizioni tra coloro che si dicono impegnati a combattere il califfato, come già accaduto tra Turchia e Russia. Ankara appare sempre più come una variabile imprevedibile nel conflitto e sempre più impegnata a combattere al di fuori dell’obiettivo generale per perseguire i propri interessi particolari, che sono quelli di impedire uno sviluppo della parte curda sul proprio territorio. La missione dei militari di Erdogan ha il compito ufficiale di addestrare ed affiancare i combattenti curdi irakeni, con i quali ci sono buoni rapporti, ma in realtà il vero intento è quello di frapporsi tra gli stessi ed i curdi di Turchia, per evitare qualsiasi possibilità di unione. Per i combattenti del Kurdistan irakeno, la vera forza di terra impegnata contro gli uomini del califfato ogni aiuto che arriva è bene accetto, ma nell’economia generale delle alleanza l’intromissione turca rischia di esasperare il governo irakeno, che, occorre ricordarlo, è espressione degli sciiti del paese e, di conseguenza l’Iran, che è il suo primo alleato. Dall’Iran alla Russia il passo è breve: i due paesi sono alleati per mantenere un ruolo importante al regime di Damasco, in vista di una conferenza che possa decidere il futuro della Siria, opzione sgradita alla Turchia ed all’Arabia Saudita. Uno dei problemi aggiuntivi, perchè non immediato ma carico di conseguenze politiche, è che la mossa turca non può essere stata attuata senza un benestare, anche ufficioso, degli Stati Uniti, cui, al momento, preme vedere schierate truppe di terra contro il califfato, come obiettivo prioritario per vincere la guerra. Obama non vuole schierare effettivi americani ed ha individuato, con l’accordo dei membri dell’Alleanza Atlantica, la metodologia di schierare truppe di terra che abbiano affinità religiosa ed origine comune con la controparte radicale. Tuttavia l’impressione è che venga lasciato troppo spazio ad una Turchia, che è caratterizzata da comportamenti pericolosi e non in linea con le finalità dell’Alleanza. Il fatto di essere membro dell’Alleanza Atlantica non dovrebbe permettere ad Ankara di mettere in atto manovre pericolose per equilibri politici molto fragili, con l’esclusivo obiettivo di tutelare i propri interessi. La Turchia non è riuscita, per ora, ad entrare in Europa proprio per il mancato rispetto delle regole di convivenza, i criteri di associazione nell’Alleanza Atlantica sono certo meno rigidi, ma non dovrebbero consentire di mettere in pericolo l’unità della coalizione per comportamenti oltre il buon senso. Gli USA sono impegnati in un difficile rapporto con la Russia e con l’Iran, ma hanno tutto l’interesse che i due stati partecipino attivamente ad un coordinamento comune contro il califfato, inoltre l’intesa con l’Iraq è innegabile e Washington dovrà trovare con Bagdad una forma di spiegazione per l’intromissione turca. Il quadro della situazione è senz’altro aggravato e questa mancanza di unità rischia di avvantaggiare lo Stato islamico, che si trova a godere di una situazione paragonabile a quella iniziale avvenuta in Siria, dove è potuto prosperare proprio per la mancanza di unità dei gruppi che si opponevano ad Assad; ora questo scenario rischia di esserne la ripetizione su scala internazionale.
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