Blog di discussione su problemi di relazioni e politica internazionale; un osservatorio per capire la direzione del mondo. Blog for discussion on problems of relations and international politics; an observatory to understand the direction of the world.
Politica Internazionale
Cerca nel blog
lunedì 18 gennaio 2016
Con la fine delle sanzioni, l'Iran attende la crescita della propria economia
Con la fine delle sanzioni, che restano in vigore soltanto nei confronti di alcune personalità specifiche e ben identificate, appartenenti ai settori più integralisti, l’Iran ha presentato come una propria vittoria politica l’accordo nucleare, che apre a notevoli possibilità economiche per Teheran. I discorsi ufficiali vertono sulla grande capacità del popolo iraniano, e della sua attuale classe dirigente, di essere stati capaci di rompere l’accerchiamento diplomatico ed economico, in cui il paese era precipitato, patendo una grave crisi finanziaria. In realtà, pur riconoscendo i meriti di Teheran, occorre sottolineare il grande lavoro della comunità diplomatica internazionale, il cui interesse, tranne alcune eccezioni, era quello di scongiurare una escalation dell’Iran verso le armi nucleari e, nello stesso tempo, evitare al paese sciita un pericoloso isolamento, dannoso per gli equilibri internazionali in continua trasformazione. Queste motivazioni sono state accuratamente rimosse dai discorsi ufficiali, stilati ad uso totalmente interno, per placare, sopratutto, quei settori della società iraniana, ancora poco convinti della necessità di arrivare a patti con quello che è considerato il nemico storico dello stato: gli Stati Uniti. Si tratta di parti sociali minoritarie sul piano quantitativo, ma molto importanti dal punto di vista dell’influenza che possono esercitare sugli apparati dirigenti di uno stato ancora molto basato su aspetti teocratici. Il clero conservatore è ancora un settore dominante, con notevole influenza sulla direzione del paese, anche se la parte maggiore dei cittadini dello stato iraniano ha un’età relativamente molto bassa e non ha vissuto, se non in maniera indiretta, la rivoluzione che ha determinato il cambio di governo dalla dittatura politica a quella religiosa. A determinare il successo della svolta pacifica e di maggiore apertura dell’attuale governo è stata la più pratica necessità di cambiare una situazione economica molto difficile, che aveva compresso le potenzialità del paese, costringendolo ad una involuzione, che deve essere stata giudicata più pericolosa, dal punto di vista della stabilità sociale e politica della nazione, rispetto alla volontà dei settori più conservatori, di mantenere una linea intransigente sulla questione nucleare, spesso intesa da questa parte politica come una invasione della sovranità nazionale. La volontà di trattare, pur mantenendo fermi punti che potevano pregiudicare il buon esito del negoziato, ha avuto sempre come finalità quella di liberare il paese dalle sanzioni per entrare in modo completo nel sistema mondiale della globalizzazione. Certo il prolungamento delle trattative, ha provocato di seguito un allungamento dei tempi per la cessazione delle sanzioni, che ha coinciso con un calo del greggio di dimensioni storiche e non certo previste. Sicuramente i calcoli di Teheran circa le possibili entrate derivanti dalla vendita del petrolio andranno riviste al ribasso ed, inoltre, potranno essere un ulteriore elemento di turbativa nei rapporti con l’Arabia Saudita, giacchè l’ingresso di un nuovo produttore sul mercato non potrà che sortire l’effetto di nuovi ribassi del prezzo del barile. Nonostante questo fattore lo stato iraniano si aspetta una somma di investimenti stranieri intorno ai 30.000 milioni di euro, capaci di provocare un tasso di crescita, per diversi anni, compreso tra i valori tra il sei e l’otto per cento, secondo stime americane, mentre le previsioni di Teheran si attestano su un più prudente cinque per cento. Restano da risolvere le perplessità di paesi storicamente avversi all’Iran, come Israele e le monarchie saudite, che si trovano su posizioni molto simili, temendo un sovvertimento degli equilibri regionali, coincidente anche con una soluzione della crisi siriana e della presenza dello Stato islamico, sempre più pressanti. D’altro canto questo processo è già iniziato con la partecipazione iraniana alla lotta contro il califfato ed una soluzione definitiva ad entrambi i problemi non può prescindere dalla presenza di Teheran. La speranza degli osservatori occidentali è che una migliore situazione economica iraniana, favorisca posizioni più concilianti e diplomatiche nell’approccio ai problemi internazionali, una predisposizione che potrebbe anche non bastare se Tel Aviv e Riyad, non vorranno prendere atto in maniera responsabile del cambio avvenuto in Iran e dovessero permanere nel loro atteggiamento di totale ostilità, rifiutando qualsiasi dialogo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento