Politica Internazionale

Politica Internazionale

Cerca nel blog

lunedì 18 gennaio 2016

Il Forum Economico Mondiale prevede la perdita di cinque milioni di posti di lavoro entro il 2020

Una previsione del Forum Economico Mondiale annuncia che entro il 2020 potrebbe registrarsi una perdita di posti lavoro, nel mondo, quantificabile in circa cinque milioni di unità a livello globale. Si tratta di una previsione che tiene conto dell’impatto che causeranno i cambiamenti tecnologici, improntati ad una maggiore automazione del lavoro, anche con l’impiego di sistemi robotizzati in grado di sostituire l’uomo in quasi tutte le fasi delle lavorazioni industriali, uniti ad una digitalizzazione sempre più crescente, che può favorire la copertura anche di operazioni di controllo e remotizzazione del lavoro, spostando diversi compiti dall’uomo ai computer. La stima prevede una perdita complessiva di sette milioni di posti lavoro, compensata dalla creazione di due milioni di nuove professioni, insufficienti però a coprire tutto il fabbisogno occupazionale. Il crescente impiego delle macchine, sostenuto da progressi tecnologici sempre più veloci, ma, nel contempo, capaci di contenere i costi di produzione e di sviluppo, interesserà, verosimilmente, tutte le aree produttive e le aree geografiche, seppure in maniera non uniforme. Paradossalmente negli stati più arretrati, senza la presenza di una adeguata industrializzazione, questi effetti potranno essere più contenuti, rispetto a zone di grande impiego nella manifattura, caratterizzate anche dalla presenza di manodopera a basso costo. In futuro il costo del lavoro inciderà ancora di più nelle lavorazioni di bassa specializzazione, una tendenza che già si registra con delocalizzazioni da paesi che si sono imposti precedentemente proprio per il basso costo del lavoro, verso altri capaci di offrire condizioni salariali ancora più vantaggiose per le aziende. Risulta chiaro che l’impiego di macchinari capaci di una maggiore automazione abbatte i costi della formazione e delle assenze dei lavoratori e può offrire, sopratutto per lavorazioni fortemente seriali, performance produttive più alte, con una riduzione notevole degli scarti di lavorazione. Tuttavia anche in produzioni di qualità più elevata il rischio di una drastica riduzione dei posti di lavoro appare consistente, se, come sembra, ad essere interessate saranno le attività legate a settori come finanza, sanità ed energia. La previsione arriva in un momento nel quale poteva concretizzarsi l’uscita dalla crisi economica mondiale, che ha visto la contrazione dei redditi e dei consumi, anche nei paesi più ricchi, con l’aumento notevole delle diseguaglianze tra i ceti più ricchi e quelli più poveri, che ha coinvolto, con una discesa verso il basso il ceto medio, sempre più compresso verso standard più bassi. Non si può non valutare gli effetti che si avrebbero se questa previsione dovesse avverarsi, anche solo in parte. Per prima cosa si registrerebbe un aumento delle migrazioni per motivi economici dal sud al nord del mondo, migrazioni, che però, avrebbero poca possibilità di riuscita per una sempre maggiore chiusura dei cosidetti paesi ricchi, attanagliati da una crisi profonda, capace di scatenare pericolosi contrasti capaci di alterare i già precari equilibri interni. D’altro canto con una forza lavoro così drasticamente ridotta anche i mercati interni dei singoli paesi non potranno che registrare una compressione tale dei consumi, capace di avere ripercussioni importanti sulle produzioni, anche quelle basate sull’automazione. La prima misura da prendere, sia a livello internazionale, che nazionale, è quella di incrementare la formazione, che oltre ad essere una prevenzione alla disoccupazione, potrà diventare un settore in crescita per numero di occupati. Occorre puntare sulle specificità di ogni nazione ed aumentare la preparazione scientifica, senza però tralasciare la valorizzazione della cultura, inserita in un contesto di produzione economica; dovrà, poi, essere attuata una profonda trasformazione sociale del tessuto produttivo con un minore orario di lavoro, a cui dovrà corrispondere un abbassamento della tassazione per avere il duplice effetto di allargare la platea degli occupati e mantenere il livello delle entrate fiscali dello stato; su questo fattore deve essere posta particolare attenzione, perchè i redditi da lavoro dipendente garantiscono le entrate sicure per il funzionamento. Gli stati più avanzati  devono pensare anche ad incentivi per le produzioni ed il lavoro altamente specializzato, per scongiurare l’eccessiva automazione, favorendo una economia basata su produzioni e prestazioni di livello medio alto, ma accessibili ad una platea maggiore così da giustificarne un incremento di vendita tale da garantire una maggiore occupazione. Lo scenario previsto riguarda un andamento che si verificherà su un periodo di medio breve periodo, che non consente una programmazione di lungo termine, ma impone una urgenza tale da cercare al più presto soluzioni capaci di scongiurarlo o, almeno di limitarne gli effetti. In caso contrario una massa così grande di disoccupati potrebbe alterare gli equilibri e la coesione sociale e politica in più di uno stato. Proprio per questo motivo le soluzioni vanno ricercate oltre i confini dei singoli stati o associazioni di nazioni, ma nella globalità di tutti gli attori mondiali con sovranità, per scongiurare altri fattori in grado di mettere in pericolo la pace mondiale.    

Nessun commento:

Posta un commento