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martedì 16 febbraio 2016
Le questioni che fermano la tregua in Siria ed una possibile soluzione
Alla vigilia dell’applicazione del possibile cessate il fuoco in Siria, come era prevedibile, i combattimenti si intensificano, per permettere alle varie parti in lotta di avere una posizione privilegiata quando i combattimenti saranno cessati. In questa ottica vanno inquadrate le iniziative russe, a favore di Assad, contro i ribelli moderati e quelle turche contro i combattenti curdi. Questi elementi portano ulteriore scompiglio nella guerra siriana e possono costituire degli elementi in grado di mettere in pericolo la futura tregua. Sulla questione dell’aumentato impegno russo si è creata una ulteriore pressione americana, su iniziativa del presidente Obama, che ha sollecitato a Putin la cessazione dei bombardamenti contro l’opposizione siriana. Questa richiesta ha il duplice scopo di permettere il mantenimento delle posizioni sul terreno delle formazioni moderate ed anche quello di evitare lo schieramento di truppe di terra da parte dell’Arabia Saudita, come minacciato da Riyad. Se questo elemento dovesse verificarsi, infatti, darebbe il via ad una serie di conseguenze in grado di avvicinare la guerra fredda, come paventato dal ministro degli esteri russo. La posizione dell’Arabia Saudita rimane fortemente contraria alla permanenza al potere di Assad ed ora appoggia, come soluzione alternativa, le formazioni moderate, che sono un insieme molto diviso e che comprende sia formazioni laiche che islamico sunnite moderate, queste ultime le preferite per la monarchia del golfo. Un eventuale coinvolgimento diretto dell’Arabia Saudita, alleata degli USA, che dovesse comprendere scontri diretti con i russi, obbligherebbe gli Stati Uniti a schierarsi materialmente al fianco dei sauditi, facendo precipitare la situazione internazionale in un allargamento del conflitto troppo pericoloso. Un altro elemento di turbativa sul cessate il fuoco è l’atteggiamento della Turchia, che ha aumentato la pressione sui curdi siriani, nel timore di un possibile aiuto al partito curdo dei lavoratori, combattuto dalla Turchia come organizzazione terroristica. Quello che teme Ankara è la formazione di uno stato curdo ai propri confini e l’intenzione è quella di indebolirne il più possibile le milizie armate; ma per fare questo le forze rmate turche sterebbero agendo sul suolo siriano, tanto da provocare la protesta ufficiale di Assad per l’invasione. Questo elemento deve essere collegato alla presenza, autorizzata da Damasco, del personale militare russo e dalla possibilità concreta di scontri tra le due parti, che seguirebbero i fatti relativi allo sconfinamento nello spazio aereo della Turchia, da parte degli aerei militari russi ed il conseguente abbattimento di uno di essi da parte della contraerea di Ankara. La situazione tra i due paesi è tutt’ora molto tesa, anche per i rispettivi schieramenti sui fronti opposti del conflitto siriano, ed un ulteriore aggravamento, anche in questo, caso potrebbe aprire scenari di forte contrasto tra Mosca e l’Alleanza Atlantica, di cui la Turchia fa parte. Ma Ankara deve tenere conto anche dei propri rapporti con Washington, relativamente alla questione curda: per gli USA i curdi restano, nel contesto della guerra siriana e contro lo Stato islamico, gli alleati più affidabili e non vi è alcun interesse, sopratutto da parte del Pentagono, per un loro indebolimento militare. Questi elementi, danno una profonda incertezza al già debole piano di tregua, che è maturato in uno scenario dove, nonostante i morti e la distruzione, la capacità di combattimento delle parti è tutt’altro che affievolita, come dimostrano le ultime azioni di cui, purtroppo, ancora una volta hanno provocato il numero maggiore di vittime tra i civili. Una proposta che potrebbe portare ad una soluzione in tempi brevi della crisi siriana e permettere alle parti, quelle che realmente intendono impegnarsi nella lotta contro il califfato, di concentrarsi per ottenere la sconfitta definitva degli integralisti islamici nel medioriente, riguarda una divisione dell’attuale Siria in tre stati differenti, soluzione che permetterebbe a tutte le parti in causa di arrivare ai propri obiettivi. Essenzialmente la parte verso mare resterebbe sotto il controllo di Damasco e permetterebbe ai russi, ed anche agli iraniani, di mantenere la loro influenza su Assad, poi ci sarebbe uno stato governato dall’opposizione, con il contributo dei moderati sunniti, per accontentare le mire dell’Arabia Saudita ed infine uno stato curdo, per compensare i combattenti curdi dell’appoggio fornito agli americani. Quest’ultima soluzione è però invisa alla Turchia che non vuole uno stato curdo ai suoi confini, dal quale potrebbero partire attacchi contro il paese turco. Per convincere Ankara occorre che la diplomazia USA si impegni come non mai, perchè senza la soluzione dello stato curdo, tutto il progetto di divisione della Siria appare inattuabile. Al contrario con questa soluzione si permetterebbe una fine più veloce delle ostilità e la conseguente creazione immediata dei corridoi umanitari, essenziali per la tutela della popolazione civile.
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