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lunedì 7 marzo 2016
La rotta balcanica dei migranti, verso la chiusura
Dunque la rotta balcanica si fa sempre più difficile per i migranti ed, anzi, sarà, probabilmente destinata a chiudersi o a diventare secondaria. La pressione dei paesi dell’Europa dell’est, già protagonisti di ondate migratorie in tempi non tanto lontani, guidati da governi di destra, ostili alla divisione dei problemi tra i membri dell’Unione europea, ma favorevoli a riceverne i contributi economici, sembra avere la meglio sulle intenzioni di Bruxelles e della Germania, che spingevano per una maggiore solidarietà, sia verso gli stessi migranti, che verso i paesi europei collocati sulle frontiere dell’unione. Probabilmente a favorire la vittoria dei paesi orientali vi sono alla base, ragioni economiche, molto convenienti per Berlino ed anche motivazioni geopolitiche, che non intendono favorire uno spostamento di queste nazioni verso una influenza russa; infatti, nonostante la tanto sbandierata paura del ritorno di Mosca, appare innegabile come il Cremlino abbia interessi notevoli ad espandere la propria influenza all’interno dell’Unione europea, e quindi, indirettamente, andando a provocare gli USA, attraverso argomenti di tipo economico. In realtà i paesi orientali non intendono ripetere l’esperienza di partnership con la Russia, ma usano questo argomento come arma di ricatto ogni volta che devono assumersi le proprie responsabilità ed i propri doveri, che hanno sottoscritto quando sono entrati a fare parte di Bruxelles. Le minacce di alcuni uomini di governo di interrompere gli aiuti europei, grazie ai quali questi paesi stanno prosperando, sono stati recepiti come ricatti ai quali è impossibile sottostare, sapendo bene che queste minacce restavano sulla carta. Ai burocrati di Bruxelles non è rimasto altro che cercare soluzioni alternative al problema dei migranti coinvolgendo la Turchia, la Macedonia e promettendo alla Grecia un maggiore aiuto. Sul territorio europeo Atene rischia di diventare un immenso campo profughi, senza avere le capacità economiche della gestione del fenomeno; Bruxelles e Berlino sembrano intenzionati però, a sfruttare l’obiettiva debolezza greca per scaricare su Atene, solo perchè il paese greco è collocato alle frontiere dell’Unione, i compiti dell’accoglienza e del mantenimento della maggior parte dei profughi, impegnandosi soltanto in aiuti economici. La assoluta disparità di trattamento che viene riservata alla Grecia costituisce l’esempio lampante della totale mancanza della mutualità e della divisione dei problemi tra gli stati membri, favorendo quelli che alzano la voce e sono evidentemente colpevoli di non condividere i principi che stanno alla base dell’Unione Europea. Oltre tutto la chiusura della rotta balcanica, e del rifiuto della divisione dei rifugiati, mette in pericolo l’Italia, che deve già presidiare le frontiere meridionali dell’Unione, senza i dovuti aiuti, perchè potrebbe aprirsi una rotta tendente a sfruttare il mare adriatico, con il percorso dall’Albania alle coste della Puglia. Si tratta della rotta che gli albanesi usavano per fuggire dal regime comunista ed approdare, appunto in Italia. Se questa ipotesi dovesse verificarsi tutto il problema dei migranti diventerebbe una faccenda scaricata sui due paesi di frontiera, Grecia ed Italia, che dovrebbero gestire una situazione intollerabile a causa dello squilibrio della divisione del problema. Anche per evitare questo scenario l’Unione Europea è costretta a trattare con un regime, che in questo momento è lontanissimo dai principi di Bruxelles, ma non troppo distante da Ungheria ed altri paesi orientali. L’intenzione è quella di finanziare la Turchia affinchè trattenga i migranti sul suo territorio ed eserciti un ruolo di sentinella delle frontiere europee. Bruxelles affida questo ruolo ad uno stato il cui governo soffoca i diritti civili e cancella la libertà di stampa all’interno del suo territorio e non pare, quindi, rappresentare le dovute garanzie per accogliere chi fugge da guerre e carestie. Inoltre la Turchia non fa questo solo per tornaconto economico, ma punta ad un risultato politico, che nel breve periodo è quello di assicurare una maggiore libertà di circolazione ai suoi cittadini ed alle sue merci nel territorio dell’Unione, ma che nel medio periodo è costituito nel raggiungere il benestare per diventare un paese membro di Bruxelles. Se l’Unione Europea cederà a questa istanza, portata avanti da un governo sospettato di avere finanziato lo Stato islamico, soltanto per assecondare le proprie mire sulla Siria e debellare i curdi, si esporrà ad un pericolo molto più grande da quello rappresentato dalle minacce terroristiche attuali. Speriamo che a Bruxelles riflettano in modo adeguato prima di compiere questa scelta.
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