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lunedì 21 marzo 2016

Nello Yemen situazione sempre più difficile

Dopo un anno di guerra, la situazione nello Yemen, la nazione più povera del mondo arabo, è ancora lontana da essere risolta. Le intenzione dell’Arabia Saudita, che ha aperto il conflitto, erano quelle di arrivare ad una soluzione veloce, per evitare un contagio della ribellione entro i propri confini ed impedire che la nazione yemenita cadesse sotto l’influenza iraniana a causa della religione sciita dei ribelli. Riyadh ha anche costituito una alleanza di paesi sunniti per dimostrare di non essere la sola a volere mantenere gli equilibri nella regione, ma gli sforzi non hanno prodotto la pacificazione del paese. Vi sono profonde analogie con la vicenda siriana, tra cui la stasi militare e l’incertezza del futuro, ma l’aspetto più grave è la condizione dei civili, che si trovano a patire la condizione imposta dalla guerra, ma partendo da condizioni economiche e sanitarie di partenza molto peggiori rispetto a quelle dei siriani. Intanto le infrastrutture del paese, già scarse, hanno subito danneggiamenti, che, in molti casi, le ha rese irreparabili: le centrali elettriche, gli ospedali, le scuole ed i pochi centri produttivi sono stati colpiti dai bombardamenti sauditi e ciò ha provocato la contrazione del prodotto interno lordo di una percentuale del 35%, portando a circa 320 dollari quello pro capite. Lo Yemen ha una popolazione  di 26.500.000 abitanti e si calcola che  l’ottantadue per cento  abbia necessità di ricevere aiuti umanitari, mentre 14,4 milioni di persone non riescono a supplire ai bisogni alimentari primari, 19,4 milioni non hanno accesso ad acqua potabile e 14, 1 milioni non possono avere accesso all’assistenza sanitaria. Questi dati sono cifre ufficiali fornite dalle Nazioni Unite ed annunciano un futuro ancora peggiore, proprio per gli effetti di queste carenze, che non potranno non influire sull’aumento della gravità delle condizioni igienico sanitarie, in un contesto aggravato dalla distruzione dei centri medici e degli ospedali. Questa situazione è aggravata dal fatto che non esistono praticamente profughi yemeniti, persone cioè che fuggono dal proprio paese per aspirare a migliori condizioni di vita, nonostante l’alto numero di sfollati dalle zone dei combattimenti.   La posizione geografica dello stato yemenita impedisce il flusso dei profughi, perchè da una parte la frontiera saudita è presidiata, mentre dall’altra parte si può tentare soltanto di attraversare il mare per arrivare sulla costa africana. Questa situazione contribuisce in modo sostanziale a rendere questo conflitto sempre meno visibile: se questo fattore aiuta i sauditi a non essere al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, dall’altro rischia di determinare una sottovalutazione del conflitto entro scenari più globali. Nella situazione attuale il rischi politico maggiore è che si concretizzi nel paese yemenita un vuoto di potere, che non può essere esercitato dai sauditi, per evidente incapacità, ma neppure dai tanti clan tribali presenti, in cui è diviso il territorio, che, in qualche modo, costituiscono l’unica forma di autogoverno presente in una nazione dove il potere centrale è assente. Ciò ha favorito la crescita della presenza di Al Qaeda, che non ha mai nascosto l’ambizione di avere una sorta di sovranità territoriale per impiantare le proprie base. Si tratta di un evidente errore tattico dei sauditi, che hanno favorito questa situazione, troppo impegnati a combattere l’improbabile influenza iraniana su di una popolazione, che sebben di religione sciita, non ha mai mostrato di gradire gli aiuti di Teheran. Inoltre questa concentrazione sui ribelli dello  Yemen ha anche distratto, chissà quanto inconsapevolmente, le forze dalla lotta allo Stato islamico, contribuendo all’atteggiamento ambiguo dell’Arabia Saudita nei confronti del califfato. Questi due errori sommati insieme rischiano di mettere l’Arabia Saudita in una posizione difficile e troppa esposta al terrorismo mediorientale, oltre che ad avere sul proprio confine uno stato caratterizzato da profonda avversione verso Riyadh; a questa situazione occorrerà mettere rimedio con un uso maggiore della diplomazia e delle concessioni verso lo Yemen e di un impegno determinato contro lo Stato islamico, anche per recuperare i rapporti con gli Stati Uniti, deteriorati proprio dall’atteggiamento sospetto tenuto dai sauditi con il califfato, per sostenere l’avanzata sunnita e le ambizioni di acquisire influenza in Siria.  

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