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giovedì 17 marzo 2016

USA: il Partito Repubblicano potrebbe scegliere il candidato alla nomination attraverso il voto dei delegati

Per il Partito repubblicano degli Stati Uniti, oltre al problema Trump, non gradito alla direzione del partito, esiste il rischio concreto di una convention dominata dalla profonda incertezza. Se nessuno dei candidati in lizza dovesse raggiungere la quota di 1.237 delegati a proprio favore, la nomination per la candidatura a Presidente dovrà essere decisa proprio dai delegati stessi. Il  meccanismo prevede che nella prima votazione i delegati debbano attenersi al risultato dello stato di provenienza, ma nelle votazioni successive questo vincolo decade, mentre rimane ferma la quota minima da raggiungere nella misura delle 1.237 preferenze. Quindi potrebbe verificarsi la necessità di più votazioni, caso che si verificò l’ultima volta nel 1948; mentre fu il 1978 l’ultima volta che si dovette ricorrere a questo metodo per determinare la nomination. Se, da un lato, l’incertezza del risultato della convention potrebbe determinare scelte impreviste, con la direzione del partito impossibilitata ad esercitare un controllo è anche vero che ad alcuni esponenti repubblicani questa eventualità potrebbe essere gradita, perchè costituirebbe il metodo per scongiurare una candidatura di Trump, largamente sgradita ai vertici repubblicani. Donald Trump rappresenta un problema di difficile risoluzione per la sua impostazione eccessivamente populista e non all’altezza di ricoprire la carica più importante del pianeta. Il miliardario americano ha optato per una campagna elettorale razzista e piena di volgarità e banalità, senza proporre un programma elettorale all’altezza del compito per cui intende candidarsi. L’avversione dei repubblicani tradizionalisti è arrivata a concepire di votare per la Clinton, se raggiungerà la nomination democratica, piuttosto che vedere trionfare un tale candidato sotto le insegne repubblicane. Questa possibilità dell’elezione dal candidato presidente mediante l’elezione dei delegati, potrebbe offrire una via d’uscita agli organismi del partito per evitare l’elezione di Trump, eleggendo un candidato meno compromesso sul piano mediatico, che, però, non avrebbe  che poche possibilità di vittoria. Per i repubblicani il dilemma è quello di poter vincere con un candidato che snaturerebbe le idee fondamentali di un partito che sta subendo una mutazione genetica ad opera del tea party, rendendo la trasformazione in irreversibile o accontentarsi di una onorevole sconfitta con un candidato presentabile, per permettere agli organismi direttivi di rifondare la formazione politica scartando le opzioni populiste e retrive. Certamente una manovra tesa ad eliminare Trump  avrebbe nell’immediato delle conseguenze non irrilevanti sugli assetti del partito, anche per le minacce dello stesso Trump che teme una decisione della formazione repubblicana in questo senso. Donald Trump ha minacciato apertamente la possibilità di  scontri se il partito non gli darà la nomination, segno che la possibilità sta diventano concreta, nonostante manchino ancora tre mesi alla conclusione delle primarie. Restano ancora 29 gli stati in cui si devono effettuare le votazioni di partito;  Trump deve arrivare a conquistare il 59% dei delegati e la possibilità appare difficile, dato che finora, in ogni votazione, non ha mai superato la quota del 40%. Esiste dunque una via d’uscita per la parte dei repubblicani che non vuole essere rappresentata da Trump e che potrebbe optare per un candidato istituzionale, tuttavia questo stato di cose rischia di fare precipitare ancora più in basso il livello della campagna elettorale, costringendo Trump a radicalizzare il proprio messaggio per chiamare al voto in maniera più massiccia gli elettori americani più “arrabbiati”. Ciò non potrà che allontanare ancora di più i vertici del partito e tutti gli elettori repubblicani moderati da un candidato in cui ritengono impossibile riconoscersi, ma potrà essere vero anche il contrario, cioè tutti gli elettori a destra del partito non potranno che prendere le distanze dal vertice, aprendo uno scenario che potrebbe culminare in una spaccatura del partito repubblicano, che potrebbe avere riflessi non indifferenti sul sistema politico americano, mettendone in crisi il bipartitismo.

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