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lunedì 4 aprile 2016

Un documento alawita chiede ad Assad una transizione democratica: richiesta vera o strategia di Damasco?

Il documento comparso a damasco negli scorsi giorni, in cui gli Alawiti, la stessa setta religiosa da cui proviene Assad, richiedono un cambio graduale di regime per la Siria, includendo anche la possibilità di un governo espresso dalla maggioranza sunnita, purché possa garantire la laicità dello stato e la libertà di tutte le tendenze religiose, ha aperto un dibattito, sul quale occorre fare alcune considerazioni. Gli alawiti sono, di fatto al governo, del paese, pur essendone una minoranza, fino dall’avvento al potere del padre di Assad e ricoprono importanti cariche politiche ed i vertici militari; ma è anche vero che molti dei loro esponenti appartengono o sono appartenuti alla dissidenza espressa nei partiti clandestini, che si sono sempre opposti a Damasco e per questa ragione hanno subito persecuzioni che potevano arrivare perfino all’eliminazione fisica. In ogni caso, sia che siano integrati nel sistema, sia che ne siano oppositori, si tratta di parti ristrette della società siriana, il cui dissenso è rilevante proprio perchè appartengono, di norma, alla stessa parte di Assad. La proposta, di per se, non è irragionevole o priva di una certa logica e coerenza e si fonda sulla necessità di una transizione del potere in Siria, ma che deve essere graduale, cioè con un passaggio che comprenda una fase nella quale Assad rivesta il ruolo di garante. La motivazione è sostanzialmente corretta perchè vuole evitare un vuoto di potere, dove si creerebbe una situazione senza governo del paese, tale da consentire una pericolosa anarchia, capace di riportare la Siria nella condizione della presenza delle guerra civile. Il documento non permette però una identificazione certa della sua provenienza, risulta infatti firmato “i nuovi alawiti”, una definizione che non fornisce una chiara dimensione della condivisione al’interno della comunità alawita, di quanto enunciato. Il problema è che, pur non dichiarandosi contrari ad Assad, i fautori della proposta dichiarano esplicitamente che l’attuale sitema di governo del paese non permette le necessarie riforme che possono garantire il cambiamento necessario. Questo cambiamento deve avvenire in modo progressivo, per fasi ben determinate e con il costante monitoraggio degli organismi della comunità internazionale.  Il risultato finale deve essere un sistema politico pluralistico, contraddistinto da una laicità preminente, che deve comprendere ed assicurare la democrazia e l’indipendenza attraverso l’assoluta garanzia dei diritti civili, primo fra tutti la libertà. L’uso di questi termini può rivelare la provenienza da cerchie ristrette degli alawiti, come intellettuali o comunque persone con un livello di istruzione superiore, che non si identificano, ne si identificavano in precedenza con la cerchia che ha garantito e sostenuto ad Assad il controllo del potere. Visto con questa ottica il fenomeno sembrerebbe essere l’azione di un gruppo al di fuori dei ceti al potere, am, piuttosto, di elementi già all’opposizione e quindi non sembrerebbe l’espressione di una volontà di una  riforma che possa partire dall’interno del regime. Potrebbe trattarsi, quindi di un semplice auspicio di quella parte degli alawiti, che vogliono favorire un dialogo con la popolazione sunnita, per non incorrere in una nuova discriminazione e favorire una integrazione in grado di superare le differenze all’interno del paese. Ma, conoscendo le tattiche di Assad, potrebbe anche trattarsi di una nuova strategia del dittatore di Damasco, avente come finalità, innanzitutto quella di guadagnare tempo nei confronti degli oppositori interni, assicurando di potere sostenere il ruolo di garanzia per una eventuale transizione di potere, restando, però, al comando del paese. In quella posizione privilegiata Assad potrebbe influenzare direttamente eventuali elezioni politiche; d’altra parte la condizione messa sul tavolo delle trattative dai gruppi di opposizione laica, cioè quella di un futuro senza Assad per la Siria, pare essere decaduta, grazie all’aiuto militare russo e la prova è che la conferenza di Ginevra  è stata sostanzialmente snobbata dal governo di Damasco. La presenza di una richiesta uffciale da parte di un gruppo alawita non bene identificato, che potrebbe essere anche espressione di dissidenti, contenente una espressa richiesta del coinvolgimento nella partecipazione alla transizione democratica, indirizzata verso  Assad, potrebbe costituire, nelle percezioni dello scenario internazionale, una sorta di investitura per un ruolo, che altrimenti costituirebbe una usurpazione. Il dubbio è tutto insito nella provenienza di questa richiesta, che appare poco trasparente e quindi funzionale agli scopi di cui sopra. Senza una rivendicazione chiara e provata delle richieste contenute nel documento gli interrogativi sulla sua provenienza appaiono più che legittimi.

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