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giovedì 14 luglio 2016

Assad verso la vittoria nel conflitto siriano

Lo sviluppo più naturale per il conflitto siriano appare quello che vedrà l’affermazione di Assad e quindi la sua permanenza al potere. Agli alleati naturali del dittatore siriano: la Russia, l’Iran egli Hezbollah libanesi, si aggiungono, sebbene in modo implicito anche gli Stati Uniti, che hanno ormai individuato Assad come il male minore, rispetto allo Stato islamico, la cui sconfitta resta l’obiettivo principale di Washington. Così, mentre in Iraq l’esercito regolare, supportato dai combattenti sciiti e dai curdi sul terreno, ed appoggiato dall’aviazione americana dal cielo, si avvia alla riconquista dei territori perduti, la Casa Bianca sta elaborando una azione congiunta con la Russia per eliminare anche i fondamentalisti islamici dal paese siriano. Risulta chiaro che chi si avvantaggerà principalmente di questo sviluppo sarà Assad, che potrà riportare sotto la propria sovranità le zone cadute sotto il dominio dell’estremismo religioso, che, oltre al califfato, comprende anche altre formazioni, quali Al Nusra, intimamente legata ad Al Qaeda e l’Esercito dell’Islam ed altri gruppi, che godevano inizialmente proprio dell’appoggio statunitense. L’obiettivo americano è ottenere una collaborazione con Mosca in maniera di sincronizzare gli interventi. Ciò dovrebbe costituire l’attacco decisivo per liberare il paese siriano dai ribelli islamici, a tutto svantaggio dei paesi del Golfo e della Turchia, che li avevano sostenuti, con il chiaro intento di estendere la loro influenza sul paese siriano; ma non andrà così: Assad è destinato a mantenere il potere, anche se la partecipazione americana  all’intervento militare obbligherà una trattativa di pace, che potrebbe vedere l’attuale inquilino della carica più alta di Damasco a dovere fare qualche concessione in senso democratico alla popolazione. La permanenza di Assad, peraltro, sembra anche essere la soluzione più gradita ad Israele, che, seppure in quadro di formale inimicizia, con il regime siriano intratteneva rapporti informali di non belligeranza, in grado di consentire il controllo del proprio confine settentrionale. Ma non sarà soltanto il regime di Damasco ad uscire vittorioso dalla guerra, occorre considerare anche i curdi, che hanno contribuito in modo sostanziale al contenimento ed alla sconfitta del califfato anche in Siria, dove hanno conquistato importanti porzioni di territorio, quelle già abitate dagli stessi curdi prima dell’inizio del conflitto. Grazie a questo impegno diretto, che non potrà non essere riconosciuto, i curdi potrebbero venire a godere di maggiore autonomia, come succede in Iraq, oppure ambire a costruire una entità nazionale sovrana. Questo sviluppo preoccupa la Turchia, che teme una unione con i curdi presenti sul proprio territorio. Questa parte della definizione della fine del conflitto appare come quella di più difficile soluzione, sopratutto in campo politico e diplomatico, ma senza una soluzione definitiva rischia di trasformarsi in un ulteriore conflitto. Tutto dipenderà dall’atteggiamento di USA e Russia e dallo stesso Assad, che potrebbe cedere parti della Siria proprio ai curdi in maniera ufficiale, come ritorsione contro Ankara per l’appoggio fornito allo Stato islamico. Appare evidente che la Turchia teme questa possibilità ed ha mutato il proprio atteggiamento diplomatico con diverse nazioni con cui era entrata in contrasto.  Infatti sono state ristabilite, anche oper ragioni economiche, le relazioni con la Russia, deteriorate dopo l’abbattimento da parte di Ankara di un aereo militare di Mosca, poi si sono riallacciate le relazioni con Israele e con l’Egitto, azioni che hanno permesso al regime di Erdogan di uscire dall’isolamento in cui si era posto a causa della propria politica che cercava di essere espansionistica. Anche verso il califfato l’atteggiamento è già mutato da tempo grazie alle pressioni americane, fattore che ha però contribuito a fare diventare il  paese turco un obiettivo degli attentati dello Stato islamico.  La regione, quindi si prepara a nuovi assetti, anche se i tempi non saranno brevi per finire il conflitto e per normalizzare la situazione ed, a quel punto, sarà interessante vedere, quale sarà la posizione effettiva di Assad sullo scacchiere internazionale, cioè se avrà ancora margini di autonomia e manovra o se sarà ostaggio di altri paesi, come per esempio dei russi.

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