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martedì 26 luglio 2016
L'interesse della Russia nelle elezioni statunitensi
La questione delle email della dirigenza del partito democratico, che ha favorito Hillary Clinton alla conquista della nomination per le presidenziali, a danno di Bernie Sanders, assume una valenza che oltrepassa il dibattito interno alla formazione politica americana ed alla stessa politica interna statunitense, per assumere una importanza internazionale. Secondo alcune fonti, infatti, sarebbero stati hacker russi a reperire le mail, per influire sul risultato finale a favore di Trump. La scoperta delle mail ha evidenziato la divisione del partito democratico e gli stessi appelli di Sanders affinché i suoi sostenitori esprimano il proprio voto a favore della Clinton sono stati salutati con fischi di disapprovazione. Esisterebbero dei sondaggi che ritengono molto probabile che un numero consistente dei sostenitori di Sanders preferisca l’elezione di Trump a quella della Clinton, evidenziando il fatto come gli elettori di Trump e di Sanders siano più vicini di quello che si pensi e comunque lontani dalle rispettive linee dei dirigenti dei propri partiti. I disaccordi in casa democratica non sono sfuggiti alla Russia, che per i suoi obiettivi è più interessata, anche se in un certo senso in modo paradossale, che il risultato elettorale definitivo sia in favore di Trump. Le intenzioni del candidato repubblicano, infatti, appaiono più funzionali agli interessi internazionali di Mosca, che in caso di elezione della Clinton, vedrebbe una continuazione della politica di Obama, fondata sulla centralità dell’Alleanza Atlantica. La visione di Trump, essenzialmente più centrata sull’economia e quindi sul risparmio di quelli che il miliardario ritiene investimenti ad esclusivo favore di paesi esteri, prevede un sostanziale ridimensionamento dell’impegno statunitense nell’Alleanza Atlantica. Trump ha espressamente dichiarato che in caso di attacco russo ai paesi baltici, gli USA potrebbero non intervenire, perchè queste nazioni sono abbastanza ricche per difendersi da sole. In altre occasioni il candidato repubblicano ha rinfacciato agli altri membri dell’Alleanza Atlantica di non impegnarsi in maniera adeguata nell’attività dell’organizzazione, sia dal punto di vista economico, che militare. Questi rilievi non sono nuovi, lo stesso Obama ha più volte sottolineato la cosa, senza mai, però, minacciare un disimpegno statunitense, anche perchè gli obiettivi geopolitici dell’Alleanza Atlantica coincidono proprio con gli obiettivi in politica estera di Washington. D’altro canto il potere del presidente degli Stati Uniti d’America non gli consente di disattendere i trattati internazionali, tuttavia è evidente che un atteggiamento ostile verso una attività militare, che richiede comunque ingenti finanziamenti e che necessita di uno sforzo diplomatico notevole, può subire dei rallentamenti, decisivi per fermare un apparato che ha bisogno sempre più spesso di decisioni veloci. Di questo scenario si avvantaggerebbe sicuramente il Cremlino, che potrebbe portare avanti il suo piano per estendere la sua influenza sui paesi precedentemente appartenenti all’area sovietica, senza un contrasto efficace. Bisogna però dire che uno sviluppo del genere andrebbe a contraddire uno dei punti del programma, seppure non troppo chiaro, di Trump, che cerca di fare leva sul patriottismo americano e sul rilancio degli USA come potenza mondiale, il cui ruolo è stato ridimensionato dall’amministrazione Obama. Certamente per un paese rivale, come può essere la Russia, gli Usa sarebbero indeboliti da una presidenza Trump, inesperta di problematiche internazionali, rispetto alla possibilità che Hillary Clinton ricoprisse la massima carica americana, dati i propri trascorsi da Segretario di stato. La linea del disimpegno con gli alleati degli USA da parte di Trump, non riguarda soltanto i paesi europei e l’Alleanza Atlantica, ma anche nazioni ritenute fino ad ora di primaria importanza per gli Stati Uniti, come il Giappone. Nonostante la centralità dei mari asiatici nella politica statunitense, sopratutto in ottica di contenimento della Cina, il candidato miliardario ha esortato Tokyo a dotarsi della bomba atomica per difendersi dalla Corea del Nord e dalla stessa Cina, andando così ad incoraggiare la proliferazione nucleare. Si comprende come cercare di favorire Trump, a danno della Clinton, sia per la Russia un fattore strategico nell’evoluzione della propria politica internazionale: avere come controparte una persona come Trump favorirebbe Putin, politico molto più esperto, nel progetto di ridare alla Russia quella dimensione di superpotenza globale, perduta con la caduta dell’Unione Sovietica e non ancora riconquistata proprio per il contrasto degli USA.
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