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lunedì 22 agosto 2016

Assad provoca una questione curda

Dietro i nuovi obiettivi siriani, identificati nelle postazioni curde, bombardate dall’esercito di Assad, vi è tutto il mutamento della politica estera turca. Damasco ha a lungo sfruttato la capacità militare curda di combattere sul terreno, per arginare le forze dello Stato islamico, fino ad adottare un comportamento, seppure non ufficiale, di reciproca non belligeranza con i combattenti curdi, in ragione dei medesimi obiettivi contro il califfato. Neppure con l’inizio dell’aiuto russo, la situazione sembrava mutata; al contrario, con la sempre maggiore dipendenza da Mosca, il Cremlino  deve avere imposto ad Assad una variazione di rotta. Putin, che è diventato il vero regista della questione siriana, deve concedere qualcosa ai turchi, per giustificare il loro assenso alla presenza di Assad alle prossime trattative per il futuro della Siria. Quello che si sta determinando, infatti  è la prima conseguenza del riavvicinamento di Turchia e Russia, con Mosca obbligata ad assecondare la politica di Ankara, fortemente contraria alla possibilità della nascita di uno stato curdo sui propri confini. Il Cremlino, in sostanza, sacrifica la questione curda per soddisfare le proprie esigenze diplomatiche ed economiche, lasciando segnare al governo di Erdogan una vittoria in una questione fondamentale per l’esecutivo turco. I bombardamenti effettuati da Assad alle postazioni curde, infatti, hanno subito provocato la soddisfazione di Ankara ed un avvicinamento al regime di Damasco, fino a poco tempo prima impossibile anche soltanto da pronosticare. Più specificatamente il governo turco ha apprezzato la nuova visione che Assad ha maturato sui curdi, arrivando alla conclusione che anche Damasco identifica le milizie curde come espressione del terrorismo. La questione però non è così semplice ed, anzi, nasconde parecchie insidie sugli sviluppi internazionali: infatti le postazioni bombardate da Assad appartengono alle milizie di autodifesa curde, presenti nelle regione nord orientale della Siria, formalmente alleate agli Stati Uniti nella guerra allo Stato islamico. Su quel territorio sono presenti anche forze speciali statunitensi, che collaborano con i curdi, la cui presenza ha provocato l’invio di aerei militari americani, proprio a protezione degli effettivi  USA. Come si vede la possibilità di scontro tra americani e siriani, e conseguentemente anche russi, si è alzata notevolmente, creando una situazione di grande pericolosità per gli equilibri regionali e mondiali. Inutile dire che il gioco che sta facendo la Russia è estremamente pericoloso, ma non rappresenta, come modalità una novità assoluta. Mosca sembra volere portare le situazioni al limite, per poi trarre vantaggio dal comportamento di chi è maggiormente responsabile. Vi è una ulteriore considerazione da fare, che riguarda l’importanza sempre maggiore della questione curda nell’economia della situazione mediorientale ed è rappresentata dall’impossibilità di rinviare la sua soluzione. Per quanto riguarda la Siria, precedentemente sembrava possibile che Assad potesse rinunciare al territorio della minoranza curda, ma l’avvicinamento con la Turchia sembra avere fatto decadere questa possibilità, giustificata anche dalla necessità, per Russia ed Iran, di assicurare a Damasco l’integrità territoriale del paese siriano. Questa soluzione si annuncia difficile non soltanto per i curdi, ma anche per le forze democratiche che hanno combattuto il regime di Damasco, con l’intenzione di sostituirlo con una democrazia, e prefigura una pregiudiziale di non poco conto, per quanto riguarda l’eventuale esito delle trattative per la Siria futura. Ma la questione curda non riguarda soltanto la Siria, ma anche l’Iraq, che inizia a soffrire i successi militari curdi, la cui intenzione è proprio quella di dare vita ad uno stato sovrano nelle regione irakene, che stanno già godendo di una notevole autonomia. Se, da un lato si può comprendere come l’Iraq voglia preservare la propria integrità territoriale, è altresì comprensibile la volontà curda di avere un risarcimento tangibile per l’impegno, sostenuto spesso da soli, dei combattenti curdi, per arginare le offensive dello Stato islamico, quando questi era al massimo della propria potenza. Putin potrà anche usare la questione curda a proprio vantaggio, fomentando non solo la Siria, ma forse, anche lo stesso Iraq, ma ciò non potrà essere possibile agli Stati Uniti, profondamente legati ai curdi fin dai tempi della seconda guerra del Golfo, per l’aiuto ricevuto contro Saddam Hussein. Una eventuale guerra contro i curdi non potrà essere ignorata da Washington nella maniera più assoluta e per non arrivare a punti troppo pericolosi sarebbe bene che le diplomazie aprissero dei tavoli di confronto per prevenire una situazione potenzialmente esplosiva, non solo dal lato dei rapporti internazionali, ma anche da quelli del terrorismo. 

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