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mercoledì 5 ottobre 2016

L'Afghanistan sotto la pressione dei talebani e dello Stato islamico

L’Afghanistan è di nuovo in difficoltà con i gruppi terroristici islamici. Se la pressione proveniente dai talebani non è mai cessata, ora il paese afghano si trova anche alle prese con lo Stato islamico, che, contrariamente a quanto accade in Iraq, starebbe guadagnando terreno nelle zone orientali del paese. L’attività delle forze regolari afghane è stata intensificata negli ultimi tempi per contenere gli attacchi dei talebani e dello Stato islamico, attraverso operazioni antiterrorismo, che faticano ad arginare l’azione dei fondamentalisti, arrivati a controllare circa 39 distretti del paese. Secondo l’Istituto per il Medio Oriente di Washington, la tattica dei combattenti islamici sarebbe quella di concentrarsi nella conquista di porzioni minori di territorio, più facili da controllare e da difendere. Per quanto riguarda, lo Stato islamico, la sua composizione appare ancora troppo esigua per cercare di lanciare attacchi su grande scala, la percezione è che la sua tattica sia quella di effettuare attentati di grande risonanza mediatica, per cercare di attrarre combattenti, in un paese sensibile al fondamentalismo islamico di matrice sunnita. Non a caso un attentato che ha destato molto scalpore è stato quello compiuto a Kabul, contro la minoranza sciita e che ha provocato più di 80 vittime. Quindi, sebbene con un numero di miliziani ancora contenuto, la minaccia dello Stato islamico comincia ad assumere contorni più definiti e pericolosi, proprio per il grande richiamo del suo messaggio, che tenderebbe a ricreare un califfato, come quello in Siria ed Iraq, all’interno dei confini afghani. Per gli strateghi dello Stato islamico l’Afghanistan rappresenta un ottimo terreno di coltura per le idee propugnate, che potrebbero favorire la costruzione di una sorta di entità sovrana, dove applicare in senso integrale la legge islamica, così da costituire un grande richiamo per combattenti stranieri. Si comprende come una delle ragioni di questo proposito sia spostare il conflitto contro l’occidente in Afghanistan, per ricostituire la minaccia fondamentalista, destinata ad essere sconfitta, almeno sul piano militare, in Siria ed Iraq. La strategia potrebbe essere sostenuta da quella parte di talebani che si trova ad essere delusa per una sostanziale immobilità del conflitto contro Kabul, che continua ad essere sulle medesime posizioni. L’irruzione dello Stato islamico potrebbe costituire un elemento di novità, visto come un fattore in grado di sovvertire il governo democratico, visto ancora come un alleato dell’occidente. Si potrebbe così verificare la coincidenza di due obiettivi da parte di due soggetti sostanzialmente differenti, i talebani e lo Stato islamico, che, però, da alleati potrebbero riconquistare il paese e sottoporlo di nuovo ad un regime confessionale. Si comprende come questa eventualità rappresenti un pericolo troppo grande per gli Stati Uniti, ma non solo, occorre ricordare la vicinanza geografica dell’Afghanistan con i paesi ex sovietici e la stessa Russia ed anche con la Cina: tutte nazioni che hanno in comune il problema dei rapporti con l’estremismo islamico. Washington, da parte sua, ha stanziato l’ingente somma di 5 miliardi di dollari, fino al 2020 per assistere le forze afghane contro l’avanzata fondamentalista, segno che gli USA non sottovalutano il problema; la difficoltà appare, però, ancora una volta la preparazione dell’esercito del paese e la conseguente necessità della presenza di effettivi stranieri al suo fianco. Una ulteriore prova della situazione negativa è il maggiore bisogno di aiuti in materiale bellico e per le truppe, rispetto a quello necessario per gli aiuti umanitari, che rappresenta, comunque, una voce consistente nelle necessità del bilancio di Kabul. Le dichiarazioni dei militari americani, che parlano di una scarsa attitudine nel combattimento, da parte dei terroristi, risulta, quindi, in aperto contrasto, con gli aiuti finanziari destinati all’esercito afghano, anche se l’apporto economico potrebbe anche essere letto come una modalità preventiva per impedire un ritorno maggiore dei fondamentalisti nel paese. In ogni caso la pacificazione dell’Afghanistan appare ancora lontana, anche per la mancata ripresa delle trattativa con i talebani che non recedono dalla loro condizione principale per sedersi al tavolo dei negoziati: l’abbandono totale della presenza americana dal paese. Alla luce dei recenti sviluppi, però, non avere soddisfatto questa richiesta sembra essere stata la decisione più giusta.  

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